Dopo Stefano Cucchi, in carcere si continua a morire
Dal Messaggero.it del 27 ottobre riportiamo questo brano: “…alla terza udienza preliminare del caso Cucchi, presieduta dal giudice Rosalba Liso, sono dodici le richieste di rinvio a giudizio. Nove riguardano medici e infermieri del “Pertini”. A loro, evocati in una requisitoria infamante per gente che ha scelto l’arte medica, viene addossato il reato più grave: abbandono di incapace con l’aggravante della morte (oltre al falso). Altre tre chiamano in causa le guardie carcerarie accusate di lesioni che avrebbero preso a calci Cucchi mentre lo infilavano in una cella sotterranea del Tribunale: sopra si amministrava la Giustizia, sotto la si infangava”.
Purtroppo non è l’unico caso. Nelle carceri italiane si continua a morire. Le cronache si occupano ora del caso di Simone La Penna, morto a 32 anni nel carcere romano: sembra non si tratti di percosse, ma “solo” di negligenza, un lungo inutile andirivieni tra la cella e l’ospedale. Il procedimento giudiziario è alle prime battute.
E la lista è ancora lunga. Italiani e stranieri. Su questi ultimisi alzano dubbi seri.
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