26 giugno. Acat Italia rilancia l’appello della Fiacat

In occasione del 30 anniversario della Convenzione internazionale proclamata dalle Nazioni Unite contro la tortura, Acat Italia si unisce all’appello lanciato dalla Federazione internazionale delle Acat (Fiacat) affinchè tutti gli stati, in particolare quanti ancora non hanno ratificato la convenzione, si impegnino a: prevenire la tortura in tutte le sue forme offrendo piena collaborazione alle istituzioni internazionali e regionali e sensibilizzando la cittadinanza; condannare gli atti di tortura criminalizzandole all’interno delle singole legislazioni nazionali e perseguendo dunque gli autori di atti di tortura; sostenere e proteggere le vittime di tortura o di trattamenti inumani e degradanti mettendo in atto specifici meccanismi di riparazione per le stesse.

Alla luce delle suddette raccomandazioni Acat Italia non può dunque fare a meno di rivolgere il proprio specifico appello allo Stato italiano, affinchè venga completato l’iter per l’approvazione del disegno di legge che contempla per la prima volta il reato di tortura entro il codice penale italiano.

Accogliendo, infine, con viva soddisfazione le parole pronunciate da Papa Francesco durante l’Angelus di domenica 22 giugno e l’invito a un impegno attivo da parte di tutti i credenti a sostegno delle vittime di tortura, Acat Italia rivolge il proprio invito alla comunità cristiana affinchè voglia prendere parte alla veglia di preghiera indetta a livello internazionale nella notte tra il 26 e il 27 giugno, e che per la Capitale avrà uno specifico momento di incontro presso la Chiesa di San Bernardino da Siena in via Panisperna a Roma a partire dalle 20.30, in collaborazione con la comunità cinese di Roma.

Momento di preghiera che servirà a ricordare e sostenere tutte le vittime di tortura nel mondo con una particolare attenzione ai casi che Acat Italia rilancia ogni mese sotto forma di “Chiamata urgente” e che per il mese di giugno punta i riflettori su i 13 difensori dei Diritti Umani detenuti
in Bahrein solo per aver partecipato alle manifestazioni di protesta del 2011 e il ragazzo 15enne sottoposto a tortura in Tunisia con l’accusa di voler entrare a far parte di un gruppo jihadista.