GENNAIO 2015: KENIA- BAHREIN

KENIA: Scomparsa di un testimone chiave
Giovedì 13 novembre 2014 – Nairobi (capitale del Kenya): Émile Garafita – testimone convocato dalla giustizia francese per la questione riguardante « Attentato contro Habyarimana », fatto che aveva innescato il genocidio in Ruanda nell’aprile 1994- è stato sequestrato da diverse persone di lingua straniera, in abiti civili e davanti a testimoni. Da quel momento è scomparso e le autorità del Kenya ostacolano l’inchiesta.

Émile Garafita, già militare del Fronte Patriottico Ruandese (FPR), entrato nella in dissidenza nel 2009, era andato ad abitare nel quartiere di Dagoretti, a Nairobi. Viveva sotto il nome d’Emmanuel Mughisa. Nello stesso giorno del suo sequestro aveva ricevuto una convocazione per essere ascoltato all’inizio di dicembre 2014, dai giudici Marc Trévidic e Nathalie Poux, circa l’attentato contro l’aereo del presidente ruandese, Juvénal Habyarimana, del 6 aprile 1994. Il suo nome e il suo ruolo di testimone erano noti da molte settimane. Émile Garafita dichiarava di aver trasportato, nel 1994, fino al quartier generale del FPR à Kigali i missili utilizzati per abbattere l’aereo, accreditando la tesi d’un attentato commesso dal gruppo armato oggi al potere.

L’attentato del 6 aprile 1994, nel quale è morto il capo dello Stato del Ruanda Juvénal Habyarimana, è considerato l’avvenimento che ha innescato il genocidio che ha causato non meno di 800 000 morti in tre mesi fra la minoranza tutsi. Nel 1998, la giustizia francese ha aperto un’inchiesta sull’attentato riconoscendo la responsabilità del FPR. Furono spiccati mandati di arresto contro molte persone vicine a Kagamé, creando una grave crisi politica e diplomatica fra Parigi e Kigali. Nel 2007, i giudici Trévidic e Poux riprendono l’inchiesta da zero, si recano sul posto e dispongono perizie balistiche che determinano che tiri di missili sono stati lanciati da una collina occupata dalle Forze Armate Ruandesi (FAR) del regime Habyarimana. I mandati di arresto contro i sostenitori di Kagamé vengono revocati.

Nel luglio 2014, i giudici decidono di chiudere l’inchiesta senza tuttavia aver raggiunto definitive risposte sugli autori dell’attentato. La lettera di Émile Garafita, con la dichiarazione di aver portato personalmente i missili che avrebbero abbattuto l’aereo obbligano i giudici a riaprire l’inchiesta.
Al momento, le autorità del Kenya sono reticenti nel condurre una inchiesta su questa sparizione. La questione é politicamente molto sensibile. I testimoni non sono stati interrogati dalla polizia per verificare la tesi del sequestro. La vita di Émile Garafita è in pericolo.

Bahrein: Minaccia giudiziaria a un difensore dei diritti umani
L’Osservatorio per la protezione dei difensori dei diritti umani (un programma congiunto di OMCT e FIDH) è stato informato da fonti attendibili della condanna di Mohammed Al-Maskati, ex presidente di “Gioventù del Bahrain per i Diritti Umani” (BYSHR) e consulente per la sicurezza digitale a Front Line Defenders. Il 31 dicembre 2014, il tribunale penale di primo grado ha condannato Al-Maskati a sei mesi di reclusione con l’accusa di “disordini e partecipazione a un raduno illegale” in relazione ad un raduno pacifico tenutosi a Manama il 12 ottobre 2012.

In precedenza, il 23 settembre 2012, Al-Maskati e altri difensori dei diritti umani del Bahrein che avevano collaborato con le Nazioni Unite (ONU) avevano ricevuto minacce di rappresaglie mentre erano a Ginevra per partecipare alla 21° sessione del Consiglio ONU per i Diritti Umani. Al-Maskati, in particolare, ha ricevuto più di una dozzina di telefonate anonime con minacce di morte.

In un altro caso, il 22-10-2013, Al-Maskati è stato convocato alla stazione di polizia di Al-Khamis dove è stato interrogato con l’accusa di “incitamento all’odio contro il regime”, sulla base di un discorso tenuto l’8 settembre 2013 a Jidd Haffs Town, nel quale aveva parlato del concetto di non-violenza e dell’importanza di chiedere pacificamente il rispetto dei diritti, nonché dei diritti sanciti dalla Dichiarazione universale dei Diritti Umani (DUDU). E ‘stato rilasciato solo dopo aver firmato un impegno a comparire davanti al Pubblico Ministero, su convocazione.
ACAT Italia condanna la sentenza contro Al-Maskati e invita le auto-rità del Bahrein a far ca-dere tutte le accuse con-tro di lui in quanto volte esclusivamente ad osta-colare le sue attività per i diritti umani.

AVVISI
Azerbaijan: due processi emblematici a difensori dei diritti dell’uomo

A Bakou si sono tenuti il 15 e il 16 gennaio i processi contro Rasul Jafarov e Intigam Aliyev difensori di diritti umani accusati ingiustamente di frode fiscale. Ai primi di gennaio una delegazione dell’Osservatorio si era recata a Bakou per rendersi conto della situazione molto preoccupante e per incontrare i due accusati ed altri difensori attualmente in prigione come Leyla Yunus (Chiamata Urgente di novembre 2014) direttrice dell’Istituto della Pace e della Democrazia, Arif Yunus, Khadija Ismailova giornalista, Anar Mammadli presidente del Centro di sorveglianza delle elezioni, Bashir Suleyman e Hilal Mammadov difensore dei diritti della minoranza Talysh.

Malgrado le insistenti richieste, la delegazione non ha avuto la possibilità di incontrare nessuno di loro e non è stata ricevuta da nessun rappresentante del governo. Una vera e propria cappa di piombo ha colpito le diverse ONG secondo quanto ha dichiarato Tolekan Ismailova vice presidente della FIDH Federazione Internazionale dei diritti dell’Uomo e ora la società civile è condannata all’auto censura o alla repressione. A partire dal 2013 sono state adottate numerose leggi anti ONG, esse devono essere registrate dal governo e i loro fondi controllati dal Ministero della Giustizia onde poter ricevere contributi nazionali o internazionali altrimenti si cade nell’illegalità con conseguenze amministrative e giudiziarie.

La delegazione ha raccolto anche la testimonianza di avvocati difensori che hanno rivelato le difficoltà incontrate dalla difesa, messe in atto dalle autorità con sistemi diversi.