MARZO 2015: MAURITANIA-SRI LANKA
MAURITANIA: condanna a morte per “apostasia”
Mohamed Cheikh Ould Mohamed, blogger di 29 anni, è stato condannato a morte per “apostasia”, una condanna che sembra dovuta a motivi d’opinione: non ha commesso infrazioni e ha esercitato solo il suo diritto alla libertà di pensiero, di coscienza, di espressione e di religione. Il diritto internazionale proibisce ogni costrizione che possa ledere il diritto di avere o adottare una religione ed anche il ricorso a sanzioni penali per obbligare dei credenti o non credenti ad aderire a convinzioni religiose o abiurare la loro religione e convertirsi.
Questa disposizione del codice penale della Mauritania che dispone la pena di morte in questi casi costituisce una violazione degli obblighi internazionali.
Cheikh Ould Mohamed, dopo un anno in detenzione provvisoria, è stato condannato a morte per apostasia il 24 dicembre 2014 dal tribunale di Nouadhibou, nel nord-ovest della Mauritania. Nel dicembre 2013, aveva pubblicato sul sito del quotidiano on line Aqlame un articolo poi ritirato perché considerato blasfemo nei confronti del profeta Maometto.
L’articolo era rivolto ai membri della sua categoria sociale, i moualamines (fabbri), e criticava coloro che utilizzano la religione per marginalizzare alcuni gruppi della società della Mauritania. Anche se l’articolo 306 del Codice penale prevede misure di clemenza in caso di pentimento, Cheikh Ould Mohamed non ne ha goduto benché si sia pentito nell’interrogatorio preliminare alla gendarmeria.
Nel processo al tribunale di Nouadhibou, il giudice ha comunicato a Cheikh Ould Mohamed l’accusa d’apostasia per «aver parlato con leggerezza » del profeta Maometto. Cheikh Ould Mohamed ha di nuovo espresso il suo pentimento durante il processo spiegando che il suo articolo aveva come solo scopo la denuncia dell’utilizzo della religione per denigrare gli altri, ma non ha ottenuto le misure di clemenza. E’ la prima condanna a morte in Mauritania per apostasia dall’anno dell’indipendenza nel 1960. I suoi avvocati hanno presentato ricorso.
Recentemente il Comitato dei diritti dell’uomo ha precisato che la Mauritania «dovrebbe sopprimere dalla sua legislazione il crimine d’apostasia e autorizzare i suoi cittadini a godere senza riserve della libertà di religione». L’opinione pubblica locale sembra essere molto divisa sul tema. Siamo nella stessa triste situazione di Asia Bibi.
SRI LANKA: Jeyakumari Balendran acora in carcere a un anno dal suo arresto!
13 marzo 2014 -13 marzo 2015 : un anno trascorso in prigione solo per aver cercato informazioni sulla scomparsa del figlio avvenuta nel 2009 alla fine della guerra civile che ha insanguinato lo Sri Lanka. Un ben triste anniversario !
Insieme alla figlia, questa madre coraggio non ha mai smesso di chiedere conto alle autorità srilankesi della scomparsa del figlio. Alla fine del 2013, in occasione della visita di stato del primo ministro britannico David Cameron, madre e figlia si sono fatte trovare in prima fila tra la folla, denunciando il caso facendosi intervistare dai media del mondo intero.
Un’azione che non è piaciuta affatto alle autorità srilankesi.Tre mesi dopo, è stata arrestata con la forza davanti alla figlia e internata nella prigione di Boosa, una prigione tristemente nota per il ricorso alla tortura. In quanto donna tamil e indù, Jeyakumari appartiene a una categoria di persone particolarmente vulnerabili, esposte a maltrattamenti e tortura.
Attualmente, è detenuta arbitrariamente da un anno senza un preciso capo d’accusa. A causa della legge sull’antiterrorismo potrebbe essere tenuta in prigione illimitatamente. La figlia è sotto protezione e ha potuto incontrare per la prima volta la madre solo dopo un anno e per dieci minuti. Attualmente, Jeyakumari è stata trasferita nella prigione femminile di Welikada, Colombo.
Il cambiamento politico inaspettato verificatosi lo scorso gennaio 2015 ha suscitato speranze di libertà e democrazia nei cittadini srilankesi e nei difensori dei diritti umani. A fine febbraio, il primo ministro ha annunciato che avrebbe esaminato una lista di diverse centinaia di prigionieri politici tamil da liberare. Il caso di Jeyakumari Balendran può rientrare tra questi e quindi è urgente intervenire chiedendo la sua liberazione!
Il nuovo presidente dello Sri Lanka, infatti, ha preso diversi impegni nel campo dei diritti umani da realizzare nei primi cento giorni del suo mandato. Anche se il bilancio è lungi dall’ essere perfetto, tuttavia il clima è davvero cambiato suscitando grandi aspettative nella società civile.
Ancora si verificano attacchi nei confronti delle persone che si battono per il rispetto dei diritti umani, dei giornalisti, dei preti, dei blogger, il numero tuttavia sembra scemato sensibilmente rispetto al passato. Tutto questo fa ben sperare anche se per quanto riguarda la pena di morte il ministro della giustizia ha minacciato di mettere un termine alla moratoria sulle esecuzioni capitali. E quindi la vigilanza è di rigore.
AVVISI
• Abidjan, 10 marzo 2015 : L’Assemblea nazionale della Costa d’Avorio ha approvato l’abolizione definitiva della pena di morte. Questo voto, che è parte di due progetti del governo ivoriano per la revisione del Codice Penale e del Codice di Procedura Penale, costituisce un passo fondamentale per la definitiva abolizione della pena capitale in Costa d’Avorio, allineando il Codice Penale al dettato costituzionale che dal 2000 già prevedeva l’abolizione della pena di morte. Ci congratuliamo con gli amici della ACAT Costa d’Avorio e della FIACAT che per questo risultato hanno agito molto attivamente.
• Si è concluso il seminario gestito da ACAT Niger e FIACAT per sensibilizzare gli “opinion maker” (costruttori di opinioni) per l’abolizione della pena di morte in Niger: tutti i partecipanti hanno rilasciato una dichiarazione pubblica per invitare il governo nigeriano ad aderire al Secondo Protocollo facoltativo ONU per i diritti civili e politici. Il Niger osserva di fatto una moratoria sulla pena di morte.
• La Procura di Tunisi ha avviato una indagine su vari casi di tortura che erano stati denunciati. È l’inizio di un percorso che potrebbe portare ad un cambio sostanziale della situazione carceraria in Tunisia.