MESSICO: un contadino imprigionato e torturato
Sono ormai due anni che
Francisco de Jesús Espinosa Hidalgo è in detenzione preventiva e torturato a seguito di un arresto arbitrario. Egli rischia ora di essere condannato per furto con violenza. Francisco, 66 anni, è un contadino indigeno Tsotsil impegnato contro l’installazione di megaprogetti di sviluppo nella sua comunità a Venustiano Carranza, nel centro dello Stato del Chiapas. La mattina del 29 maggio 2015, una diecina di agenti di polizia lo hanno preso con insulti e bastonate e condotto in un sito dove lo hanno torturato: spogliato, preso a pugni e calci e sottoposto a scariche elettriche.
Gli agenti volevano che Francisco, che non sa né leggere né scrivere, firmasse una confessione di colpevolezza in una questione di furto con violenza. Da quel giorno, Francisco è in detenzione preventiva nella prigione di El Amate, a 130 km dai suoi parenti. Evidenti sono le conseguenze delle sevizie subite al momento dell’arresto, dolori continui alla schiena e perdita di memoria e aggravamento del diabete a causa della mancanza di cure adeguate. Nel dicembre 2006, il presidente Felipe Calderón ha dichiarato guerra al crimine organizzato,quindi le forze dell’ordine e l’apparato giudiziario hanno proceduto ad arresti in massa e condanne ricorrendo a confessioni estorte e a prove illegali. Il bilancio della guerra di Calderón registra decine di migliaia di persone uccise, scomparse, e torturate. L’arrivo al potere del presidente Enrique Peña Nieto, nel dicembre 2012,non ha molto cambiato la situazione, la tortura resta pratica endemica.
La Commissione nazionale dei diritti dell’uomo (CNDH) ha registrato un aumento del 600 % delle denunce per torture fra il 2003 e il 2013, e ha di recente dichiarato un nuovo aumento del 332 % del numero di denunce per torture nel 2016. Polizia e militari sono in genere responsabili degli episodi di torture durante le prime ore dell’arresto, o nei trasferimenti e in prigione. In molti casi, agenti dei ministeri sono accusati di aver coperto arresti e detenzioni arbitrarie, torturato detenuti e fabbricato prove, con intimidazioni fino al momento di arrivare in giudizio. Molti casi mettono anche in evidenza la complicità dei giudici che non dispongono inchieste nei casi di accuse di tortura, degli avvocati d’ufficio (sotto l’autorità del ministero) che coprono o tacciono sulle violazioni dei diritti dei loro clienti, dei medici che consigliano le forze di sicurezza sulle torture o ne nascondono i segni.
R.P. CINESE: un avvocato imprigionato e torturato
Xie Yang, avvocato di 44 anni, è stato arrestato nel luglio 2015, durante l’ondata di arresti che hanno riguardato centinaia di avvocati. Egli ha potuto
incontrare i suoi due avvocati senza la presenza della polizia solo nel gennaio 2017, in quella occasione ha consegnato una memoria molto dettagliata delle violenze subite indicando anche i nominativi degli autori. E’ stato privato di cibo, d’acqua, di sonno, con interrogatori che potevano durare anche molti giorni, picchiato, umiliato, minacciato di morte e minacciata anche la sua famiglia. Un poliziotto ha fatto presente il « rischio » per sua moglie, che si è esposta sulla sorte del marito, di poter essere vittima d’un incidente di macchina.
Xie Yang descrive come sia stato costretto a restare seduto per più di venti ore al giorno su dei banchetti di plastica impilati, le gambe pendenti, causa di impedimento alla circolazione e di gonfiore ai piedi e alle gambe. Detenuto in isolamento per i primi sei mesi, Xie Yang è molte volte crollato e ha firmato le dichiarazioni che gli venivano presentate da suoi torturatori. I carnefici gli avevano fatto chiaramente capire che godevano di impunità ed erano autorizzati dal governo. Gli avvocati di Xie Yang hanno presentato una denuncia contro gli agenti responsabili chiedendo una inchiesta e un processo per loro. Una repressione senza precedenti contro gli avvocati difensori dei diritti umani in Cina è iniziata il 9 luglio 2015 con la sparizione degli avvocati Wang Yu, di sua moglie Bao Longjun e del figlio di 16 anni.
Nel gennaio 2017 almeno 319 avvocati, collaboratori di studi legali e loro familiari sono stati interrogati, convocati,collocati in residenze sorvegliate o imprigionati. La situazione rimane molto preoccupante,accuse di torture, detenzione in isolamento, persecuzioni giudiziarie con capi di accusa e condanne inverosimili come « sovversione del potere dello Stato », e altri attentati alla sicurezza nazionale e all’ordine pubblico. La repressione non si ferma neppure dopo la liberazione dato che molti vengono trasferiti in alloggi sorvegliati e isolati senza poter avere contatti con amici e colleghi. Le famiglie subiscono pressioni per persuadere i loro cari in prigione di dichiararsi colpevoli e vengono perseguitate con vari metodi, dalla sorveglianza continua alle minacce, alla scuola per far espellere i figli dei detenuti o ai proprietari degli appartamenti per sfrattarne le famiglie.