Luglio 2017: Somalia-Gibuti
Somalia: due minorenni condannati all’ergastolo su confessioni estorte con la tortura
Il 28 dicembre 2016 sette ragazzi sono stati arrestati dalla polizia a Bosaso, nel Puntland, regione della Somalia nord-orientale. L’accusa è di aver ucciso tre alti funzionari in servizio dell’amministrazione del Puntland. Ayub Yasin Abdi (14 anni), Muhamed Yasin Abdi (17), Daud Saied Sahal (15), Abdulhakin Muhamed Aweys (17), Hassan Adam Hassan (16), Nour Aldiin Ahmed (17) e Ali Ismaeil Ali (15) sono stati rinchiusi inun container per circa due settimane prima di essere trasferiti in una stazione di polizia.
Due dei ragazzi hanno detto alle loro famiglie che sono stati sottoposti a varie forme di tortura e ad altri maltrattamenti, inclusi scariche elettriche, bruciature con sigarette sui genitali, simulazione d’annegamento, pugni e violenza sessuale fino a quando non hanno “confessato” e firmato le confessioni degli omicidi. Il 13 febbraio i sette ragazzi sono stati processati davanti a un tribunale militare, che li ha trovati colpevoli di omicidio e condannati a morte. Secondo i familiari, l’unica prova fornita dall’accusa è stata la loro confessione estorta.
Non hanno avuto accesso ad un avvocato durante il processo e non sono stati autorizzati a ritrattare le “confessioni” forzate. Un mese dopo questa sentenza hanno presentato, senza successo, appello contro la loro detenzione e la condanna a morte, ma il giudizio iniziale è stato confermato da un tribunale militare superiore. Anche nel ricorso è stato negato l’accesso all’assistenza legale. La Corte marziale suprema del Puntland ha commutato la condanna a morte di 2 dei 7 arrestati, Muhammad Yasin Abdi e Daud Saied Sahal in carcere a vita, le altre cinque persone arrestate sono state messe a morte l’8 aprile. L’età di tutti e sette gli arrestati è stata contestata. Secondo i familiari, avevano tutti meno di 18 anni al momento del presunto reato. Le autorità del Puntland sostengono tuttavia che fossero adulti.
I minori uccisi appartenevano a uno dei clan minoritari del Puntland, il Madibaan, che è stato storicamente emarginato e discriminato dalle autorità e dagli altri clan. Si teme che i ragazzi siano stati un bersaglio facile a causa della loro appartenenza a un clan di minoranza. I due che rimangono in detenzione sono membri dei sub-clan più dominanti di Diseshe e Ali Seleban. Le famiglie delle cinque persone messe a morte hanno riferito di non esser stati a conoscenza di dove e come l’esecuzione fosse avvenuta. Hanno appreso la notizia alla radio. Non è stato possibile recuperare i corpi per la sepoltura.
Gibuti: Detenzione e condanna iniqua di un oppositore politico
Mohamed Ahmed Edou, detto « Jabha », è un militante del FRUD, Fronte per la restaurazione dell’ Unità e della Democrazia in Gibuti e lotta di tutte le popolazioni che vivono in quel paese. « Jabha » è stato arrestato il 1° maggio 2010 da soldati dell’armata del regime di Oma Guelleh, con l’accusa di “cooperazione con uno stato nemico” (l’Eritrea), mentre difendeva una donna incinta dallo stupro da parte di quegli stessi soldati, vicino a de Moussa Ali, nel Nord-Ovest del distretto di Tadjoura. Un mese dopo è stato trasferito illegalmente nel peggiore carcere del Paese, a Gibuti, dove è stato tenuto in isolamento ed è stato torturato dagli agenti del servizio di documentazione e sicurezza, servizi speciali, e poi trasferito in condizioni fisiche pessime.
Il 15 settembre del 2012, in presenza del direttore della Prigione di Gabode, è stato picchiato e minacciato di morte; la cosa si è ripetuta per mesi interi. In questi 7 anni, oltre ad essere privato della libertà senza nessun processo, ha sofferto per sevizie e umiliazioni e si è ammalato di cancro al fegato diagnosticato dalla visita medica prima di comparire davanti alla Corte d’assise e non ha neppure potuto avere una adeguata difesa giudiziaria dato che è stato impedito alla sua difesa di raggiungere Gibuti. Il 6 ottobre 2016, la procura di Gibuti ha annullato l’insieme di accuse a suo carico e ha ordinato di rimetterlo in libertà. Procedura che non è stata effettuata. Dopo anni di prigionia totalmente priva di ogni accusa o colpevolezza, Mohamed Ahmed Edou, detto « Jabha », domenica 18 giugno 2017 è stato condannato a 15 anni di reclusione a seguito di un processo iniquo dossier non ci sono né testimonianze, né inchieste, né prove di accusa.