62° Sessione del Comitato per la Prevenzione della Tortura, osservazioni conclusive
Il Comitato Onu contro la tortura ha rese note, nella giornata del 6 dicembre 2017 le conclusioni successive all’analisi periodica cui ha sottoposto diversi paesi, l’Italia era fra questi. Come avevamo già evidenziato a suo tempo il comitato si è molto soffermato sulla legge che introduce il reato di tortura nel nostro paese rimarcando come in realtà in essa sussistano delle difformità rispetto alla Convenzione che l’Italia ha ratificato. In particolare come riferisce l’Ansa: “il Comitato ritiene che la definizione contenuta nella legge “sia incompleta in quanto non menziona lo scopo dell’atto in questione”. Inoltre, il reato non include le specifiche relative all’autore, con un riferimento a pubblici ufficiali, si legge nelle conclusioni del Comitato. La legge contiene anche una “definizione significativamente più ridotta di quella contenuta nella Convenzione e stabilisce una soglia più elevata per il reato”. Per questo, il Comitato chiede all’Italia di “portare il contenuto dell’articolo 613-bis del Codice Penale in linea con l’articolo 1 della Convenzione, eliminando tutti gli elementi superflui e identificando l’autore e i fattori motivanti o le ragioni per l’uso della tortura”. Per gli esperti dell’Onu, le “discrepanze tra la definizione della Convenzione e quella incorporata nel diritto interno creano spazi reali o potenziali per l’impunità”. Tra le raccomandazioni espresse dal Comitato anche quella di garantire che le denunce per tortura, maltrattamenti e uso eccessivo della forza siano esaminate in modo imparziale e quella di assicurare che tutte le vittime di tortura e maltrattamenti ottengano riparazione.”
Un’attenzione particolare viene poi rivolta al 41 bis e alla necessità di modificare il regime di carcere duro adeguandolo agli standard minimi per il rispetto dei diritti umani e si sofferma infine sul memorandum Italia-Libia che non garantisce ai migranti le dovute tutele.