Aprile 2018: Messico-USA

MESSICO: Torturato, in detenzione preventiva da 3 anni
Sono ormai tre anni che Francisco de Jesús Espinosa Hidalgo, per il quale eravamo intervenuti negli scorsi anni, è in detenzione preventiva e torturato a seguito di un arresto arbitrario. Egli rischia ora di essere condannato per furto con violenza. Francisco, 68 anni, è un contadino indigeno Tsotsil impegnato contro  l’installazione di megaprogetti di sviluppo nella sua comunità a Venustiano Carranza, nel centro dello Stato  del Chiapas.
La mattina del 29 maggio 2015, una diecina di agenti di polizia lo hanno preso con insulti e bastonate e condotto in un sito dove lo hanno torturato: spogliato, preso a pugni e calci e sottoposto a scariche elettriche. Gli agenti volevano che Francisco, che non sa ne leggere ne scrivere, firmasse una confessione di colpevolezza in una questione di furto con violenza.
 
Da quel giorno, Francisco è in detenzione preventiva nella prigione di El Amate, a 130 km dai suoi parenti. Evidenti sono le conseguenze delle sevizie subite al momento dell’arresto, dolori continui alla schiena e perdita di memoria e aggravamento del diabete a causa della mancanza di cure adeguate. Inoltre si sospetta la presenza di un cancro alla prostata ma non viene autorizzata la possibilità di eseguire gli esami necessari da farsi fuori della prigione. Fino a questo momento nessuna indagine è stata condotta sulle denunce di tortura subite e sulla validità delle  prove contro di lui.
Nel 12-2006, il presidente Felipe Calderón ha dichiarato  guerra al crimine organizzato, quindi le forze dell’ordine e l’apparato giudiziario hanno proceduto ad arresti in massa e condanne ricorrendo a confessioni estorte e a prove illegali. L’arrivo del nuovo presidente Enrique Peña Nieto, nel 12-2012, non ha molto cambiato la situazione, la tortura resta pratica endemica.
 
La Commissione nazionale dei diritti dell’uomo (CNDH) ha registrato un aumento del 600 % delle denunce per torture fra il 2003 e il  2013, e ha di recente  dichiarato un nuovo aumento del 332 % del  numero di denunce  per torture nel 2016.
Polizia e militari sono in genere responsabili degli episodi di torture durante le prime ore dell’arresto, o nei trasferimenti e in prigione. In molti casi, agenti dei ministeri sono accusati di aver coperto arresti e detenzioni arbitrarie, torturato detenuti e fabbricato prove, con intimidazioni fino al momento di arrivare in giudizio e mettono anche in evidenza la complicità dei giudici che non dispongono inchieste nei casi di accuse di tortura, degli avvocati d’ufficio (sotto l’autorità del ministero) che  coprono o tacciono sulle violazioni dei diritti dei loro clienti, dei medici che consigliano le forze di sicurezza sulle torture o ne nascondono i segni.  
 
USA: Condannato all’ergastolo con prove discutibili
Nel 1994, Larry Thompson è stato condannato all’ergastolo senza appello per l’uccisione di un trafficante di droga, crimine che avrebbe commesso insieme al fratello, poi scagionato, sulla base di un test del DNA che poi si è rivelato errato e su testimonianze molto discutibili. Con l’aiuto della sua seconda moglie, cittadina svizzera e militante dell’ACAT-Svizzera, ha inoltrato la domanda di grazia al governatore  del Colorado dove sta scontando la pena.
 
I fatti risalgono al 1991: Thompson venuto a Denver, Colorado, insieme al fratello per occuparsi dell’appartamento materno, entra in contatto con lo spacciatore Roland Johnson che  successivamente viene ritrovato morto.
Nel 1993, dopo una lite coniugale, l’allora moglie di Thompson lo denuncia alla polizia  accusandolo di aver ucciso lo spacciatore insieme al fratello. I due fratelli vengono arrestati e il test del DNA effettuato su un tappetino del furgone utilizzato per trasportare la vittima avrebbe provato la colpevolezza di Larry scagionando il fratello. Larry Thompson viene condannato all’ergastolo senza possibilità di libertà condizionata. La condanna sarà poi confermata in appello. Durante il processo Larry ammette di avere incontrato la vittima per l’acquisto di droga ma nega ogni coinvolgimento nell’uccisione, contesta le affermazioni della ex moglie e dei testimoni che, a suo dire, sarebbero stati manipolati per vendetta femminile. 
 
L’inchiesta e il processo risultano viziati da parecchie zone d’ombra. Il punto più controverso resta il test del DNA ordinato dal procuratore ed eseguito in maniera non conforme alle regole. In ben due successivi esami del DNA ordinati dalla difesa, il sangue è risultato appartenere a un amico di Thompson che si sarebbe ferito in una occasione precedente. Quindi Thompson è stato condannato sulla base di prove erronee come ha riconosciuto anche uno dei giudici del processo nel 2006. Malgrado ciò, i giudici e la corte d’appello si rifiutano di aprire un nuovo processo. Tuttavia, Thompson non si è perso d’animo e ha inoltrato domanda di grazia al governatore del Colorado, forte anche dell’appoggio della seconda moglie, la cittadina svizzera e volontaria dell’ACAT-Svizera Simone Schweizer, conosciuta per corrispondenza e sposata nel Dicembre 2014.