I punti critici del Decreto Immigrazione
In un documento sintetico e ancora non esaustivo, l’associazione Asgi ( studi giuridici sull’Immigrazione) spiega quali sono i motivi per cui il decreto sicurezza/immigrazione presenti profili di incostituzionalità e per questo debba esssere riformulato.
Decreto Salvini, “sette motivi che rendono il provvedimento illegittimo”
L’Asgi analizza punto per punto il dl immigrazione e sicurezza: dal trattenimento alle norme sull’asilo fino alla cittadinanza: “Sottolineare la pericolosità della situazione che deriverebbe dalla pubblicazione ed eventuale conversione in legge di un testo del genere. Ampi profili di illegittimità”
Un testo che desta “forte preoccupazione” per i profili di illegittimità che contiene, ma anche perché potrebbe generare maggiore fragilità sociale. L’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) ha analizzato punto per punto il testo reso disponibile del decreto “immigrazione e sicurezza” e in un lungo report ne rileva i punti di criticità. “Invitiamo tutte le istituzioni competenti a non consentire uno strappo così vigoroso ai principi della Costituzione italiana e ad aprire un serio dibattito sulle riforme necessarie in materia di immigrazione ed asilo in Italia ed in Europa – spiegano -. Dobbiamo sottolineare la pericolosità della situazione che deriverebbe dalla pubblicazione ed eventuale conversione in legge di un testo del genere. Ciò non solo per gli ampi profili di illegittimità propri della bozza di decreto, ma anche a causa della inopportunità di assumere scelte frettolose e fortemente ideologiche, avulse dalle necessità concrete del Paese e che generano gravi ricadute sociali.
Non si comprende, innanzitutto, la necessità del ricorso alla decretazione d’urgenza – aggiungono – specie in una fase come quella attuale, in cui il numero delle persone straniere che giungono in Italia è talmente ridotta da non comportare alcuna forma di allarme sociale”. Secondo Asgi questo serve a impedire “ogni confronto democratico sia in sede parlamentare, sia (soprattutto) nella società civile e tra le istituzioni maggiormente coinvolte da tale decreto – si legge – . Nel merito, sembra si voglia proseguire in scelte errate ed in odio agli individui, scelte che hanno già visto, anche in tempi recenti, organi costituzionali confrontarsi in una dialettica istituzionale assolutamente non idonea a rappresentare un paese democratico e che ha reso evidente una pericolosa involuzione del nostro sistema democratico basato sulla suddivisione dei poteri dello Stato e sul rispetto, in termini assoluti e non degradabili, della considerazione per la persona umana”.
Via l’umanitaria, profili incostituzionalità. innanzitutto, secondo Asgi l’ abrogazione dell’articolo 5 del d.lgs. 286/98 presenta gravi profili di illegittimità e di inopportunità e non considera lo scenario internazionale in cui l’Italia si trova immersa. Non solo, ma l’effetto di tale abrogazione presenta profili di manifesta incostituzionalità per contrasto agli artt. 2, 10 e 117 della Costituzione visto che una norma, come quella che attualmente regola la protezione umanitaria, è diretta a rendere pieno ed effettivo un diritto fondamentale della persona quale è il diritto d’asilo che è ben più vasto delle due nozioni di protezione internazionale; tale diritto riconosce infatti una forma di protezione in favore delle persone cui non è consentito nel proprio Paese di origine l’esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana e dei diritti internazionalmente riconosciuti.
Almeno 20 dei 28 Paesi dell’Unione europea (Austria, Cipro, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Romania, Slovacchia, Spagna, Svezia e Ungheria) prevedono forme di protezione umanitaria, sia pur con modalità diversificate. “L’eventuale abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari riaprirà lo spazio per azioni giudiziarie destinate a successo per fare accertare il diritto di asilo non più completamente attuato dal legislatore – spiega Asgi. Inoltre, l’introduzione dei permessi di soggiorno speciali ipotizzati dal decreto Legge in commento non potrebbe infatti mai supplire a tale carenza della legislazione ordinaria. “La previsione per la quale in molti casi sarebbero le Autorità amministrative (Questure e Ministero dell’Interno) ad essere titolari del potere di riconoscimento di tali permessi di soggiorno speciali comporta anche un eccessivo dilatarsi della discrezionalità amministrativa e, così, una plausibile disparità di trattamento sul territorio nazionale – aggiunge Asgi -. In tale modo si evidenzia anche la contraddittorietà del provvedimento legislativo che, stando alla relazione illustrativa, vorrebbe “delimitare l’ambito di esercizio di tale discrezionalità alla individuazione e valutazione della sussistenza di ipotesi predeterminate nella norma”. Di contro si verificherà ineluttabilmente l’ingigantirsi del numero di coloro che avranno uno status giuridico incerto o che saranno irregolari sul territorio.
Illegittimo il trattenimento dei richiedenti asilo al fine al fine della determinazione della loro identità. Per l’associazione si tratta di una norma viziata da manifesta illegittimità costituzionale per violazione degli articoli 10 e 117 della Costituzione, si viola inoltre l’articolo 31 della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato, poiché di fatto sanziona con la privazione della libertà personale il richiedente asilo sprovvisto di documenti di viaggio, il che è un dato comune in tutto il mondo per coloro che fuggono da ogni forma di conflitto o di persecuzione. Inoltre non sono definite per legge le ipotesi tassative nelle quali il trattenimento può essere disposto dalla Autorità di pubblica sicurezza. La nuova disposizione, infatti, prevede che il trattenimento sia facoltativo e non indica in modo chiaro e predeterminato quali siano i “casi eccezionali di necessità ed urgenza”. La norma, dunque, non potrebbe resistere ad un vaglio di legittimità costituzionale. Peraltro il testo proposto risulta in contrasto anche con la Direttiva europea 32 del 2013 che non prevede affatto una simile ipotesi tra quelle in cui è consentito che la procedura di esame della domanda sia accelerata e svolta alla frontiera.
Allo stesso modo è inattuabile, secondo Asgi, la previsione secondo la quale, nelle ipotesi di indisponibilità di posti nei centri di permanenza per il rimpatrio, il giudice di pace possa autorizzare il temporaneo trattenimento dello straniero in strutture nella disponibilità dell’Autorità di pubblica sicurezza o presso l’ufficio di frontiera interessato. Ciò viola l’articolo 13 della Costituzione, perché non precisa quali e dove siano i “locali idonei” e non stabilisce quali siano le modalità del trattenimento con il rischio che i locali siano inaccessibili ad una trasparente ed effettiva difesa giudiziaria.
Profili di illegittimità sono rilevabili anche nella norma che prevede la sospensione dell’asilo per reati, con conseguente espulsione. Violerebbe l’ 27 della costituzione (presunzione di non colpevolezza dell’imputato), oltre che della Convenzione di Ginevra e del principio di non refoulement e della direttiva 2013/32/UE (che non consente alcuna sospensione dell’esame delle domande, né alcuna possibilità di ometterne l’esame in presenza della commissione di determinati reati).
Particolare preoccupazione, inoltre, desta la previsione della abrogazione, di fatto, del sistema Sprar per i richiedenti asilo e per i titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari. “In questo caso la scelta governativa pare essere quella di rendere ordinario ciò che attualmente la legge prevede essere straordinario, ovvero i centri di accoglienza straordinari – sottolinea Asgi – L’accoglienza dei richiedenti asilo all’interno di strutture dotate di personale qualificato che ne favorisce l’integrazione sociale e lavorativa nel tessuto locale sarebbe incomprensibilmente relegata ad ipotesi eccezionale. Lo Sprar, sistema che esiste da oltre sedici anni e che era stato considerato da tutti i governi (compresi quelli di centro-destra) come il sistema “modello” da presentare in Europa, ha dimostrato che solo l’accoglienza in strutture diffuse seguite da personale qualificato in numero adeguato e attraverso una adeguata distribuzione sul territorio dei richiedenti asilo agevola autonomia ed indipendenza delle persone, da un lato, ed i processi di integrazione, dall’altro. L’impianto normativo vigente lo prevede sia per i richiedenti asilo che per i rifugiati. “Sostenere, come sembra fare il Governo, che in fondo lo Sprar non verrebbe interamente abrogato, ma solo trasformato in un sistema di accoglienza dei soli rifugiati e non più anche dei richiedenti asilo (i quali rimarrebbero confinati nei centri governativi) rappresenta una spiegazione a dir poco debole e fuorviante perché omette di dire che proprio la sua caratteristica di sistema unico di accoglienza sia dei richiedenti che dei rifugiati dentro un’unica logica di gestione territoriale è ciò che ha reso lo sprar un sistema efficiente e razionale”.
Eliminare, poi, il diritto all’ iscrizione anagrafica degli stranieri richiedenti asilo è invece considerata una irragionevole discriminazione rispetto agli altri cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno in quanto al diritto delle persone effettivamente presenti su un territorio ad essere iscritte all’Ufficio Anagrafico di un determinato comune, corrisponde la possibilità per gli amministratori locali di conoscere con certezza il numero delle persone presenti sul proprio territorio e di determinare i servizi pubblici e sociali che i Comuni hanno l’obbligo di garantire. “Siccome nessuna persona regolarmente soggiornante, come lo è il richiedente asilo, può restare sul territorio senza che la sua presenza sia rilevata, si riaprirà il contenzioso per stabilire quale debba ritenersi la dimora abituale del richiedente, creando così incertezze per gli enti locali,confusione amministrativa senza alcun beneficio per la collettività” sottolinea Asgi.
Infine, le norme in materia di cittadinanza sono ritenute ideologiche e inopportune. L’allungamento a 4 anni del termine per la Pubblica Amministrazione di definire il procedimento è “incredibilmente eccessivo e la previsione della revoca della cittadinanza per chi sia stato definitivamente condannato per taluni gravi delitti (istituto assolutamente nuovo nel nostro ordinamento, di dubbia compatibilità con il sistema della Cedu) si palesa in violazione del divieto di privazione della cittadinanza per motivi politici previsto dall’art. 22 Costituzione, perché i reati indicati (benché gravi) sono in parte reati aventi di natura politica, il che rende la nuova norma costituzionalmente illegittima”. Si potrebbe, inoltre, generare apolidia nei confronti di chi, con l’acquisto della cittadinanza italiana, abbia perso la propria di origine: anche per tale ragione tale previsione risulta illegittima.
tratto da Redattoresociale.it