Violenze in carcere, ne avevamo parlato già a luglio 2020
A luglio dello scorso anno, per il nostro consueto Corriere, avevamo pubblicato un lungo articolo che cercava di dare conto di quanto avvenuto all’interno delle carceri italiane con il propagarsi della pandemia e le rivolte scoppiate all’interno di diversi istituti penitenziari. Già allora, per noi, era evidente fosse accaduto qualcosa di drammatico e non solo all’interno del Carcere di Santa Maria Capua Vetere. Pubblichiamo di seguito quell’articolo, sicuramente incompleto, rispetto a quanto sta emergendo in questi giorni, ma che serve comunque a inquadrare quei fatti all’interno di una cornice ben più ampia. Il nostro ringraziamento va a tutte quelle associazioni e a quei giornalisti che hanno ascoltato, indagato, cercato di capire e denunciato.
Le carceri durante la fase del lock down
Tra tutti coloro che, a causa della pandemia, hanno dovuto pagare un prezzo molto alto vi sono sicuramente le persone sottoposte a detenzione. A causa dello stato di emergenza il carcere viene privato di qualsiasi contatto con l’esterno al fine di evitare il dilagare dell’epidemia: blocco dei colloqui in presenza con i famigliari, blocco di tutte le attività ricreative e didattiche, divieto di ingresso ai volontari. In seguito al propagarsi delle notizie relative alla diffusione del contagio anche dietro le sbarre, e alle restrizioni, ancora non confermate attraverso atti legislativi, tra il 7 e il 10 marzo scoppiano diverse manifestazioni di protesta all’interno di 84 carceri italiane, in circa una trentina di esse però si è trattato di vere e proprie rivolte. Ad essere coinvolti circa seimila detenuti. E’ utile ricordare che in questa fase non erano ancora entrate in vigore le misure volte a ridurre la popolazione carceraria contenute invece nel d.l. del 17 marzo 2020, n. 18, c.d. decreto ‘Cura Italia’.
Il bilancio finale delle proteste: danni ingenti all’interno delle strutture, feriti tra i detenuti e gli agenti, e 13 morti tra i detenuti, presumibilmente per overdose, presso le carceri di Modena, Rieti, Bologna.
Proteste e rivolte. Muoiono 13 detenuti
Secondo le prime ricostruzioni ufficiali, relative al carcere di Modena, che conta il numero maggiore di decessi ( 9 su 13) i detenuti avrebbero assaltato le infermerie per poi ingerire mix letali di farmaci e metadone ( una dinamica simile si sarebbe verificata anche a Rieti). Mentre per 9 di loro la morte sarebbe sopraggiunta quasi subito, per altri quattro sarebbe arrivata in fase di trasferimento da un istituto all’altro o appena arrivati al nuovo istituto ( in seguito alle rivolte 1.600 detenuti vengono infatti trasferiti in altri istituti a causa dei danni subiti dalle strutture).
Nonostante questa prima ricostruzione permangono numerosi interrogativi che vengono posti al Ministro della Giustizia nel corso di un’interrogazione parlamentare presentata l’8 aprile, dal deputato Riccardo Magi. Non sono infatti sufficientemente chiare le dinamiche che hanno portato alla morte di 13 persone ( mancano ad oggi gli esami tossicologici e i risultati delle autopsie coperti da segreto istruttorio), non è chiaro il motivo per cui almeno quattro di loro, prima di essere trasferiti, non siano stati sottoposti a controllo medico e portati subito in ospedale, non è noto che tipo di farmaci sia stato assunto. In risposta alla richiesta di chiarezza e trasparenza avanzata dal deputato Magi il Governo risponde: “Tutti i dettagli e le informazioni contenute negli atti trasmessi alle procure della Repubblica costituiscono fatti coperti dal segreto investigativo e ovviamente non possono essere disvelati. Allo stesso modo, non sono disponibili gli esiti delle autopsie, effettuate su disposizione dell’autorità giudiziaria, che, all’esito dei percorsi di indagine, potrà valutare la desecretazione degli atti che sono stati compiuti.”
Lo stesso Garante nazionale per le persone private della libertà personale ha formalizzato alla Procura la volontà di presentarsi come persona offesa nei procedimenti relativi all’accertamento delle cause dei decessi avvenuti in carcere nei giorni delle proteste.
I detenuti denunciano violenze e repressione subito dopo le rivolte
Nei giorni successivi alle proteste e alle rivolte scoppiate nelle carceri, numerose sono state le segnalazioni ( inviate al Garante per i diritti dei detenuti e all’associazione Antigone) di abusi e violenze da parte del personale di polizia penitenziaria nei confronti dei detenuti.
Nello specifico presunti abusi, violenze e pestaggi sono stati segnalati presso il carcere “Opera” di Milano, a Pavia, Santa Maria Capua Vetere e Melfi.
Nei casi di Santa Maria Capua Vetere e Melfi, l’uso della forza da parte degli agenti sarebbe avvenuto in un momento temporalmente distante da quello delle proteste, ipoteticamente a scopo punitivo e non di contenimento come si può leggere nel XVI rapporto dell’associazione Antigone:
“I detenuti, dopo essere stati legati con le manette, sarebbero stati picchiati e, successivamente, almeno settanta di loro sarebbero stati trasferiti in altro istituto. Le segnalazioni hanno riferito altresì di detenuti portati in isolamento e lì picchiati e lasciati in mutande, e di detenuti che non riuscivano a camminare per le percosse ricevute. Le violenze sarebbero state inflitte anche con l’utilizzo dei manganelli.” Questo nel caso di Melfi.
Dinamica pressoché analoga per Santa Maria Capua Vetere. Sempre dal rapporto di Antigone: “… alcuni agenti sarebbero entrati nelle celle e, cogliendo i detenuti di sorpresa, li avrebbero violentemente insultati e picchiati con schiaffi, pugni, calci e a colpi di manganello. I detenuti sarebbero poi stati trascinati fuori dalle celle, nel corridoio, dove sarebbero stati ancora pestati e, per sfuggire ai colpi, costretti a correre, passando dalle scale, fino all’area di “passeggio”. Chi cadeva a terra durante la corsa pare abbia subito ulteriori violenze. Altri agenti, invece, avrebbero invitato i detenuti ad uscire dalle loro celle per effettuare la perquisizione e, dopo aver fatto levare loro gli indumenti, li avrebbero percossi violentemente con calci, pugni e con colpi di manganello. Dopo il pestaggio, diversi detenuti sarebbero stati costretti a radersi barba e capelli. Alcuni detenuti picchiati sarebbero poi stati posti in isolamento, altri sarebbero stati trasferiti in altri istituti.”
Anche in questo caso la protesta era già rientrata in maniera pacifica. Diversi gli esposti presentati per denunciare quanto accaduto, fra cui quelli del Garante regionale campano, Samuele Ciambriello e di quello cittadino, oltre che da parte di famigliari e associazioni.
Per quanto concerne le presunte violenze presso il carcere “Opera” di Milano sono utili alcuni passaggi dell’esposto presentato dal Garante nazionale per i diritti dei detenuti e che riporta la testimonianza della moglie di un detenuto: “Il lunedì sera (il 9 marzo, ndr) tutti facevano la battitura in rivolta e qualcuno dei detenuti ha dato fuoco a dei materassi. Dopo un po’ sono entrati degli agenti antisommossa, hanno spento le luci e hanno picchiato tutti senza distinzioni. Ci sono dei ragazzi messi molto male”. Mentre in un altro passaggio si legge ancora la testimonianza della madre di un ragazzo italiano detenuto nel primo reparto di Opera. Durante una telefonata il figlio le avrebbe detto che: “se gli fosse successo qualcosa, avrebbe dovuto tenere presente da subito che non si sarebbe trattato di suicidio e nemmeno di assunzione di metadone”.
Segnalazioni analoghe relative ad altri istituti vengono riportate da altre associazioni quali per esempio Osservatorio repressione su denuncia dei detenuti stessi o dei loro famigliari.
A distanza di due mesi, per i fatti di Santa Maria Capua Vetere, risultano indagati 44 agenti di polizia penitenziaria per i seguenti reati: tortura, violenza e abuso di autorità.
Riferimenti online:
https://www.camera.it/leg18/410idSeduta=0325&tipo=stenografico#sed0325.stenografico.tit00040.sub00110
https://www.ilriformista.it/carcere-santa-maria-il-racconto-dei-detenuti-ci-hanno-fatti-spogliare-e-picchiati-81671/
http://www.osservatoriorepressione.info/carceri-paure-abusi/
https://www.internazionale.it/reportage/giuseppe-rizzo/2020/04/14/rivolta-carcere-opera-violenze
https://www.antigone.it/upload/ANTIGONE_2020_XVIRAPPORTO%202.pdf