La Polonia rispetti i propri obblighi internazionali in materia di accoglienza e asilo
Da quando è iniziato il conflitto in Ucraina milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case e le proprie città per mettersi in salvo. La maggior parte di loro ha trovato riparo nel paese, altri sono stati costretti a cercare rifugio presso stati confinanti. Stando ai dati più recenti la Polonia continua a confermarsi al primo posto, tra i paesi europei, in materia di accoglienza rivolta ai profughi ucraini: dal 24 febbraio al 15 giugno ( si legge nel report di UNHCR), circa 4 milioni di Ucraini avrebbero oltrepassato la frontiera con la Polonia, di questi 1,2 milioni avrebbero fatto richiesta di protezione nel paese.
Doppio standard
Una grande prova di solidarietà che nasconde però una faccia brutale: mentre da una parte il paese apriva le porte all’Ucraina, dall’altra era in procinto di completare un muro al confine con la Bielorussia ( una struttura di acciaio lunga 186 km e alta 5,5 metri), funzionale a bloccare i possibili ingressi di profughi e migranti provenienti da altri paesi.
In seguito alla crisi registratasi intorno alla fine dello scorso anno, quando decine di migliaia di persone cercarono di attraversare i confini, la Polonia ha infatti inasprito le proprie condotte non solo negando la possibilità di presentare richiesta di asilo nel paese, ma operando respingimenti sommari verso la Bielorussia dove, profughi provenienti da Iraq, Afghanistan, Siria, paesi africani, venivano e vengono sottoposti a ogni genere di violenza e angherie da parte delle guardie di frontiera.
Secondo l’associazione Grupa Granica che opera in Polonia e riunisce organizzazioni della società civile attive a sostegno dei profughi al confine con la Bielorussia, più di 26 persone avrebbero perso la vita nell’ultimo anno, a causa del gelo, nel tentativo di passare la frontiera, mentre altre 187 risultano disperse.
Nel suo bollettino ufficiale la guardia di frontiera polacca, ha dichiarato che da inizio anno ai primi di luglio i tentativi di attraversamento da parte di profughi e migranti lungo il confine con la Bielorussia si attesterebbe intorno a 5.859 rispetto ai 39.269 tra agosto e dicembre 2021.
Criminalizzazione della solidarietà e torture al confine
In Polonia non è consentito aiutare profughi e migranti al confine con la Bielorussia: stando alla denuncia di Natalia Gebert, attivista e fondatrice di Dom Otwarty, una fondazione polacca che aiuta i rifugiati, chi prova ad aiutare i profughi (non ucraini) rischia una condanna fino a 8 anni di carcere.
Ma il quadro peggiore è quello che emerge dal report recentemente pubblicato da Human Rights Watch che ha condotto negli ultimi mesi una serie di interviste ai profughi respinti, fra cui anche famiglie con bambini piccoli: “A seguito di un respingimento polacco il 9 marzo- vi si legge – un uomo di 30 anni dello Yemen ha affermato che le guardie di frontiera bielorusse hanno costretto lui e altri tre dallo Yemen e dall’Iraq a stare in piedi nell’acqua fino alle ginocchia in un fiume per un’ora a temperature gelide, ridicolizzando loro, costringendoli poi sotto la minaccia delle armi a nuotare attraverso il fiume fino alla Lituania. Un uomo è annegato mentre un altro è stato spazzato via dal fiume e non è mai stato trovato.”
E ancora: “Azwer”, un uomo curdo di 22 anni dall’Iraq che ha viaggiato con la madre di 50 anni con una gamba rotta e due fratelli più piccoli di 19 e 20 anni ha riferito che sono rimasti bloccati per sei giorni senza cibo né acqua nella zona di confine tra Bielorussia e Polonia, prima di poter entrare in Polonia il 15 aprile con almeno altre 13 persone, tra cui altre cinque donne e tre bambini”
E questo è quello che è avvenuto una volta entrati nel paese: “Avevamo camminato per circa quattro o cinque chilometri all’interno della Polonia quando le guardie polacche ci hanno arrestato. Abbiamo chiesto loro asilo e protezione ma loro [le guardie di frontiera] hanno rifiutato. Ci hanno caricato su un mezzo e riportato al confine. Una guardia di frontiera ci ha detto che dovremmo tornare a casa e pagare un visto per arrivare legalmente in Polonia.”
A queste denunce si aggiungono poi quelle relative alle violenze sessuali subite da donne e ragazze da parte delle guardie di frontiera bielorusse.
I centri di detenzione
Attualmente risultano attivi tre centri di detenzione destinati anche all’ “accoglienza” di famiglie con bambini: Biała Podlaska nella regione di Lublino, Białystok e il terzo a Kętrzyn.
Secondo un media polacco sarebbero 174 le persone attualmente detenute, trattenimento che può durare anche per mesi, fino a quando non vengono espulse e questo nonostante una sentenza della CEDU abbia condannato la Polonia proprio per detenzione arbitraria presso il centro di Biała Podlaska dove famiglie con bambini sono state trattenute tra i 6 e i 9 mesi.
Stando al media polacco TOK FM che riporta la testimonianza dell’avvocato Tomasz Sieniow presidente della Fondazione Institute for the Rule of Law, recentemente a Biala, una ragazzina di 12 anni avrebbe tentato il suicidio per evitare di far espellere la propria famiglia.
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Matteo 25,35
Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato….
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