MAGGIO 2014 UGANDA-INDONESIA

UGANDA: richiesta d’estradizione per 7 rifugiati politici ruandesi
Alla fine di gennaio 2014, l’Alto Commissariato per i rifugiati della Nazioni Unite ha espresso la sua preoccupazione circa la richiesta di estradizione avanzata all’Uganda dalle autorità del Ruanda per 7 ribelli ruandesi con lo status di rifugiati. L’Alto Commissariato non conosce né l’identità di questi rifugiati che, tuttavia, sono sotto la sua protezione né i motivi avanzati dal Ruanda per ottenere l’estradizione. Il diritto internazionale prevede che i rifugiati, a qualsiasi paese appartengano, beneficino di una protezione e dunque non possono essere estradati ameno che questa protezione non sia stata levata.

Al momento, 14.000 ruandesi sono rifugiati in Uganda e molti ribelli, pur avendo ottenuto lo status di rifugiato, sono stati estradati illegalmente in Ruanda o sono stati fatti oggetto di violenze per la loro presunta opposizione al regime di Kigali. Nell’agosto 2013 Innocent Kalisa rifugiato e ex membro delle forze di sicurezza ruandesi è scomparso in circostanze imprecisate dopo essere stato prelevato dalla polizia ugandese.

Nello stesso mese Joёl Mutabazi, rifugiato e già membro guardia del corpo del presidente del Ruanda Paul Kagame è riuscito a sfuggire ad un rapimento grazie all’intervento dell’ufficio del primo ministro ugandese proprio in considerazione del suo stato di rifugiato. Tuttavia, dopo che in settembre il Ruanda ha spiccato un mandato d’arresto nei suoi confronti, in ottobre è stato estradato illegalmente. Essi erano sul banco degli accusati il 28 gennaio 2014 con altre 16 persone al momento dell’apertura del processo per la parteci- pazione ad attacchi ter- roristici in Ruanda a partire dal 2010. Durante la detenzione essi hanno subito tortu- re.

INDONESIA: detenzione arbitraria e tortura di due studenti

OMCT ci informa della detenzione arbitraria e tortura di Alfares Kapisa e Yali Wenda, due studenti della provincia del Papua Occidentale, rispettivamente di 24 e 21 anni arrestati durante una pacifica dimostrazione all’università per il rilascio dei prigionieri politici papuasi e per una maggiore democrazia nel paese. Secondo le informazioni ricevute, i due studenti, esponenti di spicco del Movimento di solidarietà per i prigionieri politici di Papua, visto che la manifestazione minacciava di degenerare erano stati incaricati dai loro compagni di parlamentare con le forze di polizia che fronteggiavano la dimostrazione.

Trascinati dai poliziotti dentro un furgone delle forze dell’ordine sono stati picchiati selvaggiamente con bastoni, calci e scariche elettriche. Portati successivamente in stato di fermo al posto di polizia, viste le loro condizioni di salute, è stato chiamato un medico che ha proceduto alla sutura delle ferite ovviamente senza anestetico. I vestiti macchiati di sangue sono stati strappati loro di dosso e lavati per eliminare ogni possibile traccia. Sottoposti a interrogatorio senza poter godere di assistenza legale, nonostante le ripetute richieste dei loro avvocati, e infine costretti a firmare una dichiarazione che negava ogni sopruso da parte della polizia e, anzi, attribuiva ai dimostranti la colpa dell’accaduto e a impegnarsi a non partecipare più in futuro ad altre dimostrazioni. Liberati, sono stati portati all’ospedale per le cure mediche necessarie, cure che l’ospedale si è rifiutato di prestare senza un rapporto della polizia.

La provincia di Papua occidentale ex colonia olandese, fa parte dell’isola della Nuova Guinea, ufficialmente annessa all’Indonesia nel 1969 ma già occupata militarmente dal 1963. La dittatura di Suharto (1965-1998) ha infierito contro la popolazione autoctona operando una vera e propria pulizia etnica con oltre 100.000 morti, torturati e desaparecidos. La ”autonomia speciale” concessa dall’Indonesia è una farsa e il disperato movimento indipendentista si batte per riavere le terre occupate e confiscate cedute alle grandi imprese minerarie e del legname. Il paese è infatti ricco di risorse minerarie, petrolio, gas e legname, questa ricchezza si è ritorta contro gli indigeni causando l’ennesima guerra dimenticata per lo sfruttamento del suolo. La libertà d’espressione è fortemente limitata, i giornalisti occidentali non sono autorizzati a entrare nel paese e la tortura è comunemente praticata anche se l’Indonesia ha ufficialmente ratificato la Convenzione ONU contro la tortura, inoltre i torturatori godono di larga impunità e raramente vengono perseguiti.