OTTOBRE 2015: UZBEKISTAN-ARABIA SAUDITA

UZBEKISTAN: un prigioniero torturato, la cui pena viene estesa con pretesti
Già nel giugno 2013 avevamo scritto alle autorità dell’Uzbekistan in difesa del giornalista MUKHAMMED BERGJANOV da molti anni detenuto ingiustamente. La sua pena dura da 16 anni, 6 mesi e 15 giorni. Mukhammed Begjanov era membro del partito d’opposizione ERK e redattore capo del giornale del Partito. A seguito d’un processo iniquo è stato condannato a 15 anni di prigione, pena ridotta di tre anni. Doveva essere liberato il 13 dicembre 2011. I suoi parenti l’hanno invano atteso davanti alla prigione senza avere alcuna spiegazione da parte della amministrazione penitenziaria. Il 23 gennaio 2012, la sua famiglia è stata informata che era stato condannato ad altri cinque anni in seguito all’accusa di aver colpito tre detenuti. In prigione è stato torturato varie volte e la sua salute è gravemente compromessa. Secondo i suoi parenti, in questi ultimi anni la pressione internazionale condotta dalle ACAT e da altre organizzazioni umanitarie sembra aver migliorato un po’ le condizioni della sua detenzione, avrebbe avuto cibo migliore e sarebbero state rese meno difficoltose le visite dei familiari. Continuiamo dunque a sostenerlo con le nostre lettere! 
 
ARABIA SAUDITA: Condanna a morte e crocefissione per un ragazzo di 17 anni 
La Corte penale speciale e la Corte suprema dell’Arabia Saudita hanno confermato la sentenza capitale nei confronti di Ali Mohammed Baqir alNimr, giovane attivista sciita condannato a morte per reati presumibilmente commessi all’età di 17 anni. È accusato di “partecipazione a manifestazioni antigovernative”, attacco alle forze di sicurezza, rapina a mano armata e possesso di un mitra. La condanna sarebbe stata emessa sulla base di una confessione estorta con torture e maltrattamenti. Ali al-Nimr è nipote di un eminente religioso sciita – Sheikh Nimr Baqir alNimr, anch’egli condannato a morte. Ali al-Nimr ha esaurito ogni possibilità di appello e può essere messo a morte appena il re ratifica la condanna. Il 14 febbraio 2012, Ali Mohammed Baqir al-Nimr, 17 anni, viene arrestato e condotto presso la Direzione generale delle indagini (Gdi) del carcere di Dammam. Non può vedere il suo avvocato e, secondo quanto riferisce, viene torturato da ufficiali della Gdi affinché firmi una “confessione”. Resta detenuto nel centro di riabilitazione giovanile Dar al-Mulahaza per un anno e, a 18 anni, riportato nella Gdi di Damman. Il 27 maggio 2014, il tribunale penale speciale di Gedda lo condanna a morte. Il tribunale si sarebbe basato sulla “confessione” estorta con la tortura e maltrattamenti e su cui si è rifiutato di indagare. La sentenza è stata confermata dai giudici di appello presso la Corte penale speciale (Scc) e della Corte suprema. Questo è quanto riferisce la famiglia a settembre, dopo aver appreso la notizia. Ad agosto 2015 il caso viene inviato al ministro dell’Interno per dare attuazione alla sentenza.