Un carcere sostenibile

Di seguito pubblichiamo un altro interessante intervento, questa volta inerente la questione carceraria con particolare riferimento alla problematica del sovraffollamento, tratto dal lavoro di tesi di Stefano Scognamiglio partecipante all’ultimo Premio di Laurea di Acat Italia e destinatario di menzione d’onore per il lavoro svolto.
 
Una proposta contro il degrado delle prigioni e contro i trattamenti inumani e degradanti: progetto di un penitenziario a trattamento avanzato.
Il sovraffollamento delle strutture carcerarie italiane è sotto gli occhi di tutti. La grave condizione in cui versano molti istituti penitenziari italiani è stata più volte evidenziata finanche dal Presidente della Repubblica. La cristallizzazione del problema è avvenuta con le condanne della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
 
Le violazioni contestate allo Stato Italiano riguardano l’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che la Corte è chiamata a difendere:
“Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani e degradanti”
 I ricorrenti denunciavano le ben note condizioni di sovraffollamento che, nei casi riportati all’attenzione della Corte, arrivavano anche a 6 persone ristrette in una cella di 16 m2. Il problema del sovraffollamento non deve essere ridotto però ad un mero numero di metri quadri da garantire a ciascun ristretto, sebbene ciò sia un presupposto imprescindibile per una pena che possa definirsi umana e dignitosa. Alla cronica carenza di posti letto si affianca la carenza di spazi di aggregazione e per le attività trattamentali, la scarsa qualità degli edifici esistenti, la difficoltà di gestione e manutenzione degli stessi. Non ultimo è il problema sanitario dovuto al rilevante tasso di malattie infettive presenti nelle carceri, aggravato dalla condizione di promiscuità e di carenza di igiene.
 
La strategia di intervento del Governo, fin ora basata sulla costruzione di nuovi padiglioni all’interno di istituti già esistenti, affronta il problema solo in parte. Le strutture di servizio, gli uffici, le dotazioni impiantistiche vengono sovraccaricate dalla presenza di nuovi posti letto e gli spazi per le attività trattamentali – già storicamente carenti – divengono ancor più insufficienti per una popolazione carceraria aumentata. Occorre dunque riprogettare il carcere in modo che tutte le funzioni abbiano spazi proporzionati e correttamente dimensionati.
Tra i molteplici aspetti del senso della pena questo studio ha approfondito quello risocializzante: la pena ha un senso se, oltre al suo contenuto meramente punitivo, ha come prospettiva quella del recupero del reo, ovvero nel rendere possibile il suo reinserimento nella società. È indubbio che per coltivare questa prospettiva è necessario un percorso da affrontare all’interno del carcere. Accanto alla privazione della libertà al detenuto andrebbero offerte opportunità di formazione e lavoro, le quali richiedono spazi ed attrezzature adeguate che spesso pongono difficoltà di progettazione e gestione in un’ottica di controllo e sicurezza.
 
In questo lavoro di tesi si è posto come obiettivo il progetto di un istituto penitenziario dove potesse realizzarsi appieno il fine risocializzante della pena senza per questo dover compromettere i requisiti di sicurezza e controllo che tale tipologia edilizia richiede. Nella fase di ingegnerizzazione del progetto sono subentrate altre istanze quali l’economicità nella costruzione e nella gestione dell’edificio, la praticabilità delle soluzioni tecnologiche, il rispetto delle istanze di sicurezza contro incendi, terremoti, nonché il rispetto delle normative settoriali vigenti.
 
 Cuore del progetto è il P180: un padiglione detentivo cellula autosufficiente all’interno del più grande istituto penitenziario. Le soluzioni progettuali sono frutto di mediazione tra differenti istanze spesso in antitesi, nonché dell’attenzione per i numerosi attori presenti all’interno di un istituto penitenziario che sarebbe banale ridurre ai soli detenuti: personale di polizia penitenziaria, parenti dei ristretti, personale medico, personale amministrativo, magistrati ed avvocati vivono anch’essi la realtà penitenziaria, seppur con tempi e modi differenti.
 
 L’idea che si propone è di superare la gestione attuale dei detenuti che è fortemente de-responsabilizzante, improntando la vita carceraria sulle attività lavorative e sui servizi alla comunità svolti dai detenuti. Il penitenziario è composto di blocchi autonomi che hanno come fulcro una grande area comune coperta ed una scoperta dove i reclusi possono passare la maggior parte del tempo. Su tale area gravitano i diversi locali adibiti a cucina, mensa, dispense, ambulatorio medico, area per colloqui con educatori, scuola, lavorazioni artigianali. Ciascun padiglione può essere destinato ad un circuito, così da unire detenuti con profili idonei alla gestione ed alla sicurezza. Le camere di pernottamento, doppie o triple, sono dotate di servizi igienici e di un piccolo angolo per la preparazione dei cibi. La proposta tecnologica di un sistema di schermatura con vetro blindato rende possibile l’abolizione delle cancellate alle finestre, emblema del carcere ma al tempo stesso strumento aberrante di coercizione.
 
Al di fuori dei padiglioni sono previsti spazi condivisi per tutti gli ospiti dell’istituto, come l’area di degenza per gli infermi, un campo di calcio, le aree per lavorazioni complesse (falegnameria, metalli…), gli uffici della detenzione, l’area colloqui e l’aula per le udienze, la chiesa ed il teatro. Le sezioni detentive, ubicate ai piani superiori, sono pensate come spazi destinati principalmente al pernottamento, sebbene comunque dotate di spazi per la socialità: anche con una gestione del penitenziario più restrittiva e severa possono essere garantite quelle attività al detenuto per far sì che il carcere non sia solo una lunga e insostenibile attesa.
 
Stefano Scognamiglio
Tesi di laurea specialistica in ingegneria edile-architettura
LO SPAZIO DELLA DETENZIONE
Innovazioni progettuali per la sicurezza e la rieducazione negli istituti di pena. Progetto di un penitenziario a trattamento avanzato