GENNAIO 2017: COLOMBIA-BAHREIN
Colombia: Minacce a un difensore dei diritti umani
Blanca Nubia appartiene alla comunità indigena wayuú della regione caribica La Guajira. La sua famiglia è stata violentemente colpita nel corso del conflitto armato e dal 2005, Blanca Nubia milita per i diritti delle donne nell’ambito del Movimento nazionale vittime dei crimini di Stato (MOVICE è una piattaforma che raduna più di 5.000 vittime della violenza di Stato e 300 organizzazioni della società civile. Creato nel 2005 MOVICE lotta per la verità, la giustizia e la riparazione nelle questioni riguardanti gli attentati ai diritti umani nell’ambito del conflitto armato).
Nel maggio 2001, un anno dopo l’assassinio di suo marito, sua figlia Irina del Carmen Villero Díaz è stata torturata, stuprata e uccisa dai paramilitari. Nel 2012, uno dei suoi nipoti è stato minacciato. Nel giugno 2014, un’ altra sua figlia è stata stuprata e molti membri della famiglia hanno ricevuto minacce riguardanti i propri figli. Nel gennaio 2015, due uomini sono entrati con la forza nella sua casa a La Guajira e hanno minacciato i presenti. Blanca Nubia deve dunque trovare, nel quadro del processo di pace, concrete garanzie di sicurezza e ottenere giustizia.
Finalmente la pace
Il conflitto armato durava da più di 50 anni e ha causato oltre 220.000 morti, 40.000 sparizioni, 30.000 ostaggi e migliaia di torturati e vittime di violenze sessuali. Il 1 dicembre 2016 l’accordo di pace fra lo stato e le forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC) è stato ratificato e prevede: Il cessate il fuoco e la consegna delle armi da parte dei guerriglieri sotto il controllo di 500 osservatori dell’ONU e smantellamento di tutte le organizzazioni paramilitari e criminali;
Amnistia per reati politici ma processi da parte di tribunali per crimini di guerra e contro l’umanità;
Sviluppo della partecipazione di cittadini e politici per la protezione di nuovi partiti o movimenti sociali (aperti anche ad ex guerriglieri);
Restituzione dei territori espropriati e più equa distribuzione della terra e sviluppo di servizi pubblici nelle zone rurali;
Lotta contro le reti del traffico di droga e misure di sviluppo per culture alternative alla coca.
Il 13 dicembre, la Corte costituzionale ha approvato una procedura accelerata che permette al Parlamento di legiferare rapidamente sulla applicazione degli accordi di pace. Una prima legge sull’amnistia è stata approvata il 28 dicembre.
Bahrein: Nabeel Rajab – ancora persecuzione giudiziaria
L’ Osservatorio per la Protezione dei Difensori dei diritti umani ci informa che Nabeel Rajab continua a essere detenuto arbitrariamente e ad essere sottoposto a continue vessazioni giudiziarie. ACAT Italia era già intervenuta chiedendo la sua scarcerazione nel maggio 2015, interveniamo ancora una volta convinti che insistere nella nostra azione può essere efficace, unitamente alla voce di altre associazioni di difesa dei diritti umani. Nabeel Rajab, cofondatore e presidente del Centro per i diritti umani del Bahrain e vicesegretario generale della FIDH (Federazione Internazionale dei Diritti Umani), è stato perseguitato, imprigionato, rilasciato e imprigionato innumerevoli volte nel periodo tra il 2012 e il 2016, accusato di denigrazione della politica dello stato e di attentato alla sua sicurezza per aver denunciato via twitter e su alcuni noti giornali internazionali le condizioni disumane e le torture subite dai detenuti nella prigione di Jaw nonché il coinvolgimento del Bahrain nella guerra in Yemen.
Dal 2016 è detenuto ininterrottamente e in regime di isolamento, privato di cure mediche e, secondo i suoi familiari, l e sue condizioni di salute sono gravemente deteriorate. Il 5 settembre 2016 il Pubblico Ministero muove nuove accuse a suo carico per aver diffuso “notizie false e tendenziose allo scopo di sminuire il prestigio del regno” in una lettera pubblicata sul New York Times il 4 settembre che denunciava la persecuzione giudiziaria e la detenzione arbitraria cui era sottoposto. Se ritenuto colpevole, dovrebbe scontare un anno in più che si aggiungerebbe alla già pesante pena prevista di 16 anni di prigione. Una sentenza definitiva non è stata ancora pronunciata, in quanto le udienze vengono continuamente rimandate. Intanto, si aggrava la sua posizione, infatti il 21 dicembre 2016 viene condotto per un interrogatorio alla CyberCrime Unit per un articolo apparso sul quotidiano francese Le Monde che citava il suo nome.
La CyberCrime Unit lo accusa di “diffondere notizie false e tendenziose allo scopo di insultare il Bahrain e i paesi che aderiscono al Consiglio di Cooperazione del Golfo”. La lettera contenuta nell’articolo invitava i governi di Francia e Germania a “rivedere le loro relazioni con quelle monarchie che lavorano attivamente contro la democrazia e i diritti umani e alimentano le fiamme della violenza e dell’estremismo”. Secondo le informazioni ricevute, il 5 gennaio 2017 è stata rinnovata la detenzione preventiva per ulteriori 15 giorni in attesa di ulteriori investigazioni. Scriviamo al nostro Ministro degli Esteri On. Angelino Alfano affinché si adoperi presso le autorità del Bahrein per la libertà di Nabeel Rajab.