Yemen, conflitto ignorato o dimenticato?
di Mariella Zaffino ( tratto dal Corriere di gennaio 2017)
Da più di un anno e mezzo nello Yemen infuria una “guerra asimmetrica” tra la potente aviazione saudita e i guerriglieri houthi di religione sciita che hanno di fatto occupato la parte meridionale del paese e la capitale Sana’a. Sauditi e iraniani si schierano con le parti in conflitto, ingaggiando una brutale guerra per procura. Nel marzo 2015, i sauditi alla guida di una coalizione di otto paesi arabi e con il tacito consenso degli Stati Uniti, bombardano pesantemente il paese dall’alto, colpendo indiscriminatamente obiettivi civili e strategici, distruggendo magazzini, fabbriche, centrali nucleari elettriche, scuole e ospedali. I sauditi hanno anche bloccato la maggior parte dei porti, tagliando così i rifornimenti alimentari. A un anno e mezzo dall’ inizio della guerra il paese è allo stremo.
Una delle conseguenze più immediate del conflitto è di aver impoverito ulteriormente una popolazione che già versava in condizioni al limite della sussistenza e di aver spinto centinaia di migliaia di persone ad abbandonare il paese e cercare protezione nei campi profughi allestiti a Gibuti dall’ONU. Secondo le organizzazioni internazionali sotto i bombardamenti sarebbero morte più di 6000 persone, di cui un terzo bambini, i profughi sarebbero circa due milioni, profughi che nessuno vuole per paura che ci siano infiltrati terroristi. In effetti, nello Yemen è presente un folto gruppo di jihadisti legati ad al Qaeda, che organizza e commissiona attentati terroristici in diverse parti del mondo, non ultimo quello del 13 novembre a Parigi, rivendicato proprio dal gruppo yemenita. Tutto ciò, unitamente al fatto che l’Arabia Saudita è alleata degli Stati Uniti e che i profughi per il momento non premono sui confini dell’ Europa,spiega perché questo conflitto sia stato dimenticato dalle grandi potenze. Alcuni fatti recenti hanno però rischiato di allargare il conflitto, aumentando il livello di tensione.
Il 9 ottobre 2016 due esplosioni di enorme violenza hanno causato la morte di 140 persone e il ferimento di oltre 600 in un edificio di Sana’a dove si stavano celebrando i funerali del padre dell’attuale ministro dell’ interno appartenente agli houthi. Fortunatamente, la ferma condanna dei sauditi, arrivata dopo la protesta statunitense, e l’annuncio dell’apertura immediata di un’inchiesta hanno allentato la tensione montata nelle capitali iraniana e libanese. Nel frattempo, i profughi yemeniti vivono una vita non vita nei campi allestiti vicino al porto di Obok a Gibuti, senza nessuna speranza di un futuro migliore che non sia la scelta di rimanere in un paese altrettanto disperatamente povero come Gibuti o tornare a casa dove imperversa la guerra. Il mondo non ha alcun piano per loro, come non lo ha per gli altri innumerevoli milioni di profughi che fuggono da guerre, conflitti etnici o semplicemente dalla miseria e dalla fame.