G8 Genova. Vittime perenni

“Genova non è finita” recita un noto fumetto di Zerocalcare. A distanza di oltre sedici anni queste parole continuano ad essere pertinenti: pochi giorni dopo l’emanazione della sentenza con cui la Corte di Appello di Genova archivia in modo definitivo il processo relativo all’uccisione di Carlo Giuliani, il ministro dell’Interno Minniti ha nominato Gilberto Caldarozzi – per il quale si sono appena conclusi i cinque anni di interdizione dai pubblici uffici – vice direttore tecnico operativo della Direzione Investigativa Antimafia.
Si tratta in entrambi i casi di informazioni trasmesse in sordina, attraverso un passa parola telematico organizzato – ancora una volta – dalle vittime di quel G8 passato alla storia come “la più grande sospensione dei diritti umani dopo la seconda guerra mondiale” secondo l’espressione di Amnesty International.
 
All’uccisione di Carlo Giuliani viene negato un adeguato iter giudiziario fin dal 2003: due anni sono stati sufficienti per stabilire un’assoluzione e un’archiviazione di un caso che avrebbe di certo meritato ben maggiore attenzione. Non bisogna dimenticare, infatti, che in quello stesso venerdì pomeriggio in via Tolemaide furono sparati quindici colpi di arma fuoco nel corso di quelli che non possono essere definiti semplicisticamente scontri: la Corte di Cassazione ha scagionato quindici dei venticinque manifestanti accusati di devastazione e saccheggio proprio definendo quei comportamenti non come scontri tra pari, ma come “resistenza ad una carica violenta e ingiustificata” messa in opera dalle forze dell’ordine nei confronti di un corteo autorizzato e ben lontano dalla sua – altrettanto autorizzata – meta.
 
Il giorno dopo il rischio di contare altre morti non fu certo evaso: tra le vittime della macelleria della scuola Diaz Pertini si contano ben due persone in coma che a tutt’oggi riscontrano gravi danni permanenti. Gilberto Caldarozzi era a capo dello SCO (Sezione Criminalità Organizzata) quando si è macchiato della partecipazione alla costruzione di prove false per incriminare gli innocenti ospiti dei locali della scuola Diaz Pertini (il cui utilizzo come dormitorio era stato autorizzato dal Comune di Genova) massacrati da quella che si pretese “perquisizione” (peraltro avvenuta dopo diverse ore dalla chiusura del Summit G8) e fu tortura secondo la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo.
 
Medici, psicologi e scienziati sociali sottolineano l’importanza che un sano oblio potrebbe avere per le vittime di simili traumi, eppure in questa occasione – come in troppe altre verificatesi nella nostra repubblica che a stento si riesce a definire democratica – quel dovere di memoria che spetta allo Stato e alla società civile si è imposto proprio a chi dall’ossessione di quei ricordi traumatici andava sollevato e tutelato: le vittime dirette, marginalizzate e condannate di fatto ad essere relegate senza posa in un simile status.
Comitati, documentari, contro-inchieste, libri, articoli, commemorazioni che continuano a vedere la partecipazione di ampie porzioni di cittadinanza solidale vengono sistematicamente ignorati, proprio come le centinaia di immagini e testimonianze dirette.
Uno Stato che si pretende liberale e democratico dovrebbe avere esso stesso l’esigenza di tutelare lo Stato di Diritto, eppure quel G8 2001 non smette di vederne altro che la sospensione. 
 
Come Acat Italia sentiamo il dovere morale e professionale di ribadire la nostra solidarietà alle persone che continuano a trovarsi di fronte alla dolorosissima e offensiva scelta tra un diritto all’oblio, che permetterebbe loro una riappropriazione della quotidianità, e un dovere di memoria che non può che essere un’insopportabile ulteriore lacerazione traumatica. 
 
di Ilaria Bracaglia