Febbraio 2019: RDC- Arabia Saudita
RDC: Detenzione abusiva per motivi politici
Christian Lumu Lukusa, membro e giovane dirigente della sezione giovanile del più grande partito dell’opposizione l’Unione per la democrazia e il progresso sociale (UDPS), è arbitrariamente detenuto da un anno dopo il suo arresto a Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo il 22-11-2017. Gli uomini che hanno eseguito l’arresto sarebbero membri dell’Agenzia Nazionale d’informazioni (ANR). L’arresto è avvenuto circa a mezzogiorno sulla strada della scuola nella zona commerciale di Limete a Kinshasa.
Durante questo anno ha potuto vedere raramente i familiari e mai il suo avvocato e neppure essere portato di fronte a un giudice. Preoccupa il suo stato di salute, egli soffriva già per una pleurite, aggravatasi dopo il suo arresto date le deplorevoli condizioni della sua prigionia non usufruendo di cure mediche e di trattamenti sanitari adeguati.
Secondo fonti di Amnesty International, le autorità congolesi cercano di reprimere la società civile con arresti, detenzioni arbitrarie,maltrattamenti e attacchi ai militanti impegnati nella difesa della democrazia e dei diritti umani. Per questo lo stato si appoggia sulla Agenzia Nazionale d’Informazione, strumento di sorveglianza che permette di investigare sull’opposizione politica. In genere i suoi agenti vengono inviati in rinforzo della polizia e dell’esercito nelle manifestazioni caratterizzandosi per massicce violazioni dei diritti umani e un ricorso eccessivo alla forza.
La Repubblica Democratica del Congo è lo stato più grande e popoloso dell’Africa centrale, dove convivono almeno 250 gruppi etnici. La varietà di culture presenti nel paese si rispecchia nelle tante lingue utilizzate, tra cui lingala, kikongo, swahili e thsiluba, riconosciute come ufficiali al pari del francese. Già noto come Congo Belga (1908-1960) e come Zaire durante la dittatura di Mobutu (1965-1996), la RDC nasce nel 1997 ed è governata secondo la Costituzione del 2005. E’ una repubblica presidenziale democratica e rappresentativa. Il 30 dicembre scorso si sono tenute l’elezioni presidenziali vinte dal candidato dell’opposizione Felix Tshisekedi con oltre 7 milioni di voti, contro gli oltre 4 ricevuti dal candidato filo-governativo, Emmanuel Ramazani Shadari. Egli dovrà sostituire Joseph Kabila, al potere da 18 anni. Il vincitore ha reso omaggio al presidente uscente Kabila: “Oggi non dobbiamo più considerarlo come un avversario, ma piuttosto come un partner dell’alternanza democratica nel nostro paese”, ha detto Tshisekedi davanti a una folla riunita presso la sede del partito UDPS.
Questa nostra azione è coordinata con la ACAT della RDC e altre ACAT
ARABIA SAUDITA – Difensori dei DU rischiano la morte
Arrestati nel dicembre 2015, Israa Al-Ghomgham e suo marito Moussa al Hashim sono stati 32 mesi in detenzione preventiva prima dell’inizio del processo il 6 agosto 2018. Durante la prima udienza, il pubblico ministero saudita ha chiesto la condanna a morte per decapitazione anche per altri tre attivisti, Ahmed al Matrood, Ali Ouwaisher e Khalid al Ghanim. Il sesto accusato, Mujtaba al Muzain, rischia 20 anni di prigione. Una quarta udienza prevista per il 13 gennaio 2019 è stata rinviata senza indicare una nuova data. Israa Al-Ghomgham e Moussa al Hashim hanno partecipato alle manifestazioni anti-governative svoltesi a Al-Qatif, una città a maggioranza sciita nella provincia Est, durante il periodo delle primavere arabe nel 2011. Israa Al-Ghomgham ha anche chiesto pubblicamente la liberazione dei difensori dei diritti umani imprigionati in Arabia Saudita esprimendo pacificamente le sue opinioni sulla rete. Dall’arresto, la coppia è rinchiusa nella prigione centrale di Dahaban, gestita da “informazioni interne” (mabahith) che fungono da polizia segreta. Attualmente sono giudicati dal Tribunale penale specializzato, creato appositamente per le questioni di terrorismo ma anche utilizzato per perseguire gli attivisti e difensori dei diritti umani. Durante le due ultime udienze del 28-10 e del 21-11-2018, Israa era assente, facendo temere un peggioramento del suo stato di salute.
Arrestati nel dicembre 2015, Israa Al-Ghomgham e suo marito Moussa al Hashim sono stati 32 mesi in detenzione preventiva prima dell’inizio del processo il 6 agosto 2018. Durante la prima udienza, il pubblico ministero saudita ha chiesto la condanna a morte per decapitazione anche per altri tre attivisti, Ahmed al Matrood, Ali Ouwaisher e Khalid al Ghanim. Il sesto accusato, Mujtaba al Muzain, rischia 20 anni di prigione. Una quarta udienza prevista per il 13 gennaio 2019 è stata rinviata senza indicare una nuova data. Israa Al-Ghomgham e Moussa al Hashim hanno partecipato alle manifestazioni anti-governative svoltesi a Al-Qatif, una città a maggioranza sciita nella provincia Est, durante il periodo delle primavere arabe nel 2011. Israa Al-Ghomgham ha anche chiesto pubblicamente la liberazione dei difensori dei diritti umani imprigionati in Arabia Saudita esprimendo pacificamente le sue opinioni sulla rete. Dall’arresto, la coppia è rinchiusa nella prigione centrale di Dahaban, gestita da “informazioni interne” (mabahith) che fungono da polizia segreta. Attualmente sono giudicati dal Tribunale penale specializzato, creato appositamente per le questioni di terrorismo ma anche utilizzato per perseguire gli attivisti e difensori dei diritti umani. Durante le due ultime udienze del 28-10 e del 21-11-2018, Israa era assente, facendo temere un peggioramento del suo stato di salute.
Dopo il selvaggio assassinio del giornalista Jamal Khashoggi nel consolato saudita a Istanbul il 2 ottobre 2018, l’opinione internazionale ha iniziato a prendere coscienza delle molteplici violazioni dei diritti umani in Arabia saudita. Questa situazione non è nuova, ma è fortemente peggiorata dopo la crescita di potere del principe ereditario Mohammed Bin Salman. Dietro una facciata riformista e liberale, ha promosso una campagna d’arresti per mettere a tacere ogni voce dissidente. Dal marzo 2015, egli ha anche preso l’iniziativa dell’intervento militare nello Yémen. L’Arabia saudita si sarebbe resa colpevole di crimini di guerra secondo esperti inviati dall’ONU.
Nel 2018 si è verificata una forte repressione con arresti e condanne di difensori dei diritti delle donne e dei diritti umani, di giornalisti, di universitari, intellettuali e religiosi. Il 12 ottobre 2018, gli esperti dell’ONU hanno di nuovo richiesto di liberare i difensori dei diritti umani esprimendo la loro viva preoccupazione riguardo al processo d’Israa Al-Ghomgam, affermando che «le misure contro il terrorismo non devono in nessun caso essere adottate per impedire o intralciare il lavoro dei difensori dei diritti umani».
Si può firmare on-line la analoga petizione su change.org: https://www.change.org/p/king-of-saudi-arabia-save-israa-al-ghomgham-s-life