MAGGIO 2019: MESSICO-TAILANDIA
MESSICO: Difensore dei diritti umani perseguitato
Il 22 aprile 2019, Óscar Alejandro Kabata de Anda ha denunciato sul canale televisivo più seguito a Ciudad Juárez, le torture subite da lui stesso e dal suo amico Víctor Manuel Baca Prieto (ormai deceduto) dai militari dieci anni fa. La sua testimonianza accresce seriamente il rischio di gravi minacce contro di lui, i suoi parenti e contro la famiglia di Víctor e i loro difensori.
Óscar, 27 anni, ha raccontato che egli e Víctor sono stati arrestati il 26 febbraio 2009 da militari nell’ambito dell’ « Opération conjointe Chihuahua », un dispositivo di sicurezza in attività dal 2008 al 2010 che permetteva all’esercito di agire come polizia per la lotta contro la criminalità organizzata. Óscar ha spiegato che, condotti e rinchiusi in una caserma, sono stati picchiati con bastoni, sottoposti a finti annegamenti, a scariche elettriche e minacce di morte. Ha raccontato di essere stato testimone dell’arresto respiratorio di Víctor a seguito delle torture e poi della sua esecuzione. Ha infine riferito di essere stato rilasciato il 2 marzo 2009 quando il generale incaricato della “ Opération conjointe Chihuahua “ ha riconosciuto l’errore di averli arrestati ma gli ha consigliato che per lui era meglio lasciare la città e tacere altrimenti sarebbe stato ucciso.
Óscar ha tuttavia sporto denuncia e da allora egli e la sua famiglia sono costantemente minacciati. Una denuncia di sparizione forzata è stata presentata dai parenti di Víctor nel marzo 2009, in un primo tempo alle autorità militari, poi dal 2012 agli uffici del Procuratore generale della repubblica (PGR). Nell’aprile 2016 l’ufficio di medicina legale ha riconosciuto che i resti umani ritrovati nell’ ottobre 2009 corrispondevano con il DNA dei membri della famiglia di Victor. Nessuno dei colpevoli di queste violazioni dei diritti umani è stato ancora perseguito in giudizio.
Dal dicembre 2006, il Messico vede una grave « crisi dei diritti dell’uomo » con un tasso d’impunità del 98 %, secondo l’ONU. Nel quadro della « guerra » del governo contro la criminalità organizzata è stata data priorità, alla « sicurezza interna » senza un reale controllo delle forze dell’ordine e dell’apparato giudiziario a scapito del rispetto dei diritti umani:
quasi 275 000 omicidi fra il dicembre 2006 e il 2018
330 000 sfollati a causa della violenza
41 giornalisti assassinati fra il 2012 e il 2018
161 difensori dei diritti umani assassinati fra il 2012 e il 2018
Più di 22 000 femminicidi dal 2009 al 2018
63,8 % di vittime di violenze psichiche al momento degli arresti nel 2017
Andrés Manuel López Obrador, nuovo presidente dal 1 dicembre 2018, ha promesso un miglioramento della situazione, tuttavia le due modifiche costituzionali adottate di recente accrescono in realtà i rischi di violazioni dei diritti umani.
TAILANDIA: Sparizione forzata di 3 dissidenti politici
Human Rights Watch chiede al governo tailandese di rivelare il nome della località dove sono tenuti prigionieri i tre dissidenti Chucheep Chivasut, SiamTheerawut e Kritsana Thapthai dopo essere stati estradati dal Vietnam. Il fatto che le autorità tailandesi non abbiano ancora ammesso il loro coinvolgimento nell’estradizione e non abbiano ancora rivelato il nome della prigione aumenta nei loro familiari e nei loro avvocati la preoccupazione che si possa trattare di sparizione forzata. Il rischio di sparizioni forzate, tortura e altri maltrattamenti aumenta in maniera significativa quando i prigionieri sono tenuti in detenzione segreta.
I tre dissidenti erano stati arrestati a inizio 2019 con l’accusa di ingresso illegale in Vietnam utilizzando documenti falsi, nel tentativo di fuggire dalla Tailandia dove erano ricercati con l’accusa di lesa maestà, per aver diffuso on line programmi anti monarchici e aver incitato gli attivisti dell’ Organizzazione per la Federazione tailandese diretta da Chivasut a dimostrazioni contrarie alla monarchia.
Dopo il colpo di stato del 2014, le autorità tailandesi hanno rafforzato la lotta contro gli oppositori anti monarchici che cercano rifugio nei paesi vicini, e chiesto a più riprese alle autorità del Laos, Cambogia e Vietnam di estradare i dissi- denti tailandesi in esilio che avevano trovato rifugio in quei territori.
Nel settembre 2018, il vice Premier tailandese Prawit Wongsuwan ha qualificato l’Organizzazione per la Federazione della Tailandia come gruppo illegale minacciando di arrestare tutti i suoi simpatizzanti. Chucheep Chivasut e gli altri due attivisti erano fuggiti in Vietnam subito dopo l’assassinio di altri tre dissidenti prelevati in Laos nel dicembre 2018. Ancora prima, nel 2016 e 2017 altri due attivisti antimonarchici erano stati prelevati in Laos e la loro sorte è tuttora ignota.
Il diritto internazionale definisce la sparizione forzata come ” l’arresto, la detenzione, il rapimento o altra forma di privazione della libertà da parte di agenti dello Stato cui fa seguito il rifiuto di riconoscere la privazione della libertà o di rivelarne il destino o la località dove la persona è rinchiusa”. Le sparizioni forzate violano parecchi diritti fondamentali garantiti dal Patto Internazionale relativo ai diritti civili e politici firmato dalla Tailandia, quali gli arresti arbitrari, gli atti di tortura e le secuzioni extragiudiziarie. La Tailandia ha anche firmato la Convenzione internazionale contro le sparizioni forzate ma non l’ha ancora ratificata.