NOVEMBRE 2019: SUD SUDAN-MESSICO

SUD-SUDAN: fermiamo la condanna a morte di Magai Matiop Ngong
La Repubblica del Sud Sudan conquista l’indipendenza dal Sudan il 9 luglio 2011, dopo una lunga e sanguinosa guerra civile, forse la più lunga mai verificatisi in Africa. L’accordo di pace del 2005 prevedeva l’immediata concessione dell’autonomia regionale e un referendum per l’indipendenza che si è svolto nel gennaio 2011, nel quale il 99% dei cittadini del Sud ha votato per la secessione dal Sudan. Formato dai 10 stati meridionali del Sudan, il Sud Sudan presenta una grande diversificazione etnica e linguistica. A differenza degli abitanti del Sudan, prevalentemente musulmani, i sudanesi del Sud praticano religioni tradizionali, esiste anche una minoranza cristiana.
Linguisticamente, esistono ben 60 dialetti mentre la lingua ufficiale è l’inglese.
È un paese poverissimo, a soffrire la fame sono quasi 7 milioni di persone secondo l’allarme lanciato da FAO, Unicef e World Food Programme, una catastrofe umanitaria causata da fattori naturali e dall’ instabilità politica del paese. Le piogge arrivate in ritardo e in quantità insufficiente hanno ridotto i raccolti e provocato un aumento del prezzo delle derrate alimentari, precludendoli alle fasce più povere della popolazione. Proprio domenica 10 novembre, Papa Francesco ha annunciato la prossima visita in Sud Sudan richiamando così l’attenzione dei media su questo paese poverissimo, uno dei più arretrati dell’Africa.
In base al Codice Penale del 2008 pre-indipendenza, la pena di morte è prevista per diversi reati tra cui tradimento, insurrezione, omicidio. La Pena di Morte, tramite impiccagione, è prevista anche dalla Costituzione transitoria adottata il 9 luglio 2011. Le persone che , a parere della Corte, sono sotto i 18 anni di età o sopra i 70,  non possono essere condannate a morte. Dalla data dell’indipendenza a oggi cinque persone sono state giustiziate per omicidio, secondo le informazioni della missione ONU che ha fornito i nomi di altre 19 persone giustiziate tra il 2008 e il 2010. Al 21 novembre 2011, c’erano 183 persone condannate a morte detenute nei tre bracci della morte del Paese, pochi di loro hanno beneficiato di assistenza legale durante il processo, la maggior parte non era in grado di ricorrere contro le condanne proprio per questo motivo.
Tra questi c’è Magai Matiop Ngong detenuto nel braccio della morte di Juba Central Station. E’ stato condannato a morte nel 2017 per l’omicidio di suo cugino coinvolto in una rissa con un vicino. Quando quest’ultimo ha estratto una pistola Magai, che all’epoca dei fatti aveva 15 anni, preso il fucile del padre, ha fatto esplodere alcuni colpi di avvertimento per terra. Uno di questi rimbalza e ferisce il cugino di Magai che morirà più tardi in ospedale.
Magai non ha goduto dell’assistenza di un legale al momento dell’arresto e neppure durante il primo processo ha beneficiato dell’aiuto di un avvocato che l’aiutasse a redigere l’appello contro la condanna a morte, appello che Magai ha dovuto scrivere in 15 giorni.
MESSICO: Difensore dei diritti umani “desaparecido”
L’undici ottobre alle otto di sera circa Arnulfo Cerón Soriano è scomparso mentre si recava a tenere una conferenza. La mattina seguente la sua auto è stata trovata vuota con le chiavi inserite. Benché le prime ore siano in questi casi cruciali e una denuncia fosse stata presentata subito dai suoi parenti le autorità non hanno provveduto come avrebbero dovuto. Un primo sospetto è stato poi arrestato ma l’inchiesta è ferma e le ricerche per ritrovare Arnulfo sono praticamente inesistenti. I parenti hanno ricevuto delle minacce nei confronti delle sue figlie. La famiglia riferisce di essere costantemente seguita e sorvegliata.
Arnulfo Cerón Soriano è un avvocato difensore dei diritti umani del popolo Naua della regione della Montaña. È membro del Movimento per la libertà dei prigionieri politici dello Stato di Guerrero e del Fronte popolare della Montaña. Ha molto lavorato per la difesa dei diritti della sua comunità e  dei popoli autoctoni. Si era anche impegnato a fianco dei parenti dei  43 studenti d’Ayotzinapa scomparsi a Iguala nel settembre 2014. Nel 2000, Arnulfo era stato arrestato, torturato e accusato d’omicidio e poi dopo più di un anno di battaglie giudiziarie assolto. In questi ultimi mesi Arnulfo accompagnava, in un clima molto teso, un gruppo di venditori di strada espulsi dal centro città di Tlapa di Comonfort da un decreto municipale
Dal 2006, nel Messico si assiste ad una grave «crisi dei diritti umani» che i diversi governi che si sono succeduti hanno costantemente peggiorato.
Le autorità spesso corrotte non effettuano inchieste serie e il tasso d’impunità per le violazioni dei diritti umani si aggira sul 98 %.
I difensori de diritti umani sono costantemente sotto attacco e nel corso dei primi dieci mesi del 2019, 14 di essi sono stati assassinati. La maggior parte di loro erano coinvolti nelle questioni ambientali e appartenevano alle comunità autoctone.
Il meccanismo di protezione per i giornalisti e dei difensori dei diritti umani approvato nel giugno 2012 risultata inefficace, mancando del sostegno politico e finanziario.
In Messico malgrado l’adozione alla fine del 2017 di una nuova legge sulle sparizioni il fenomeno rimane ampio e le inchieste non vengono condotte in maniera seria.
40.180 sparizioni si sono registrate fra il 2006 e il gennaio 2019, numero che potrebbe essere molto più grande dato che solo una minoranza di familiari osa denunciare la scomparsa di un parente.