Yemen. Salviamo la vita di 4 giornalisti condannati a morte
Organizzazioni che sostengono i diritti umani, la libertà di stampa e i giornalisti chiedono agli organismi delle Nazioni Unite e agli stati membri di mobilitarsi per salvare la vita di quattro giornalisti yemeniti che sono stati condannati a morte nell’aprile 2020 nella capitale Sana’a con l’accusa di “spionaggio” e di ” diffondere notizie false. “ Degli altri sei giornalisti arrestati con le medesime accuse ma per i quali i giudici hanno disposto la liberazione, dopo cinque anni di detenzione, solo uno è stato rilasciato finora. Le autorità di fatto a Sana’a, ovvero gli Houthi, devono immediatamente annullare le condanne a morte e liberare gli altri nove giornalisti che sono stati condannati in violazione del loro diritto alla libertà di espressione.
Abbiamo recentemente celebrato la Giornata mondiale della libertà di stampa il 3 maggio 2020. Il giornalismo, in particolare il giornalismo indipendente e critico, è fondamentale per promuovere la trasparenza, il buon governo e il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto. I giornalisti non sono in alcun modo attori del conflitto in Yemen e non possono essere presi di mira in nessun caso.
I quattro giornalisti, Abdulkhaleq Ahmed Amran , Akram Saleh Al-Walidi , Al-Hareth Saleh Hamid e Tawfiq Mohammed Al-Mansouri sono stati condannati l’11 aprile 2020 dal Tribunale penale speciale di Sana’a, che è controllato dagli Houtis. Il loro avvocato Abdelmajeed Sabra, a cui è stato negato l’accesso all’udienza finale, ha avviato il ricorso il 22 aprile 2020.
Il giudice ha condannato gli altri sei giornalisti, Hisham Ahmed Tarmoom, Hisham Abdulmalik Al-Yousefi, Haitham Abdulrahman Al-Shihab, Essam Amin Balgheeth, Hassan Abdullah Annab e Salah Muhammad Al-Qaedi, a un periodo di detenzione già scontato, o a circa cinque anni, e li ha anche posti sotto la supervisione della polizia per un periodo di altri tre anni. Inoltre, i dispositivi elettronici e i materiali in loro possesso al momento dell’arresto rimangono confiscati.
La procura aveva richiesto che le sanzioni massime fossero dirette contro di loro ai sensi degli articoli 16, 21, 126 e 136 del codice penale (Legge n. 12 del 1994 su reati e sanzioni).
I giornalisti sono stati accusati di aver diffuso false notizie “a sostegno dei crimini dell’aggressione saudita e dei suoi alleati contro la Repubblica dello Yemen “. Sono stati inoltre accusati di “danneggiare l’interesse pubblico creando diversi siti Web e pagine su Internet e social network e gestendoli in segreto in diversi hotel della capitale, Sana’a”. La coalizione guidata dai sauditi ha combattuto una guerra contro gli Houthi nello Yemen dal 2015.
Il 9 giugno 2015, gli Houthi fecero arrestare nove giornalisti mentre utilizzavano Internet presso l’hotel Qasr Al-Ahlam a Sana’a. Salah Mohammad Al-Qaedi è stato successivamente arrestato nella sua abitazione a Sana’a il 28 agosto 2015. Arrestati arbitrariamente, tenuti a lungo in isolamento, torturati e maltrattati, furono accusati formalmente solo tre anni dopo. Infatti nel dicembre 2018, sono state mosse accuse contro di loro in relazione al pacifico esercizio dei diritti alla libertà di opinione e di espressione nel corso di un processo show che ha violato gli standard internazionali di equità e giustizia.
Nel frattempo, nonostante la decisione della corte di rilasciare i sei giornalisti, le autorità continuano a ritardare la loro liberazione. Fino alla data di questo appello, solo la giornalista Salah Mohammad Al-Qaedi è stata rilasciata (il 23 aprile 2020).
Le organizzazioni firmatarie chiedono a tutte le parti in conflitto di garantire il diritto alla libertà di espressione e di porre fine alle azioni volte a imbavagliare giornalisti e media.
Esortano l’ONU, in particolare il gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria e il gruppo di esperti sullo Yemen, e gli Stati membri tutti, come il Regno Unito e il Canada, che presiedono la Media Freedom Coalition di 35 paesi, a porre le seguenti richieste alle autorità di Sana’a, gli Houthi:
- Annullare le condanne contro i dieci giornalisti, in particolare le condanne a morte imposte a Abdulkhaleq aAhmed Amran, Akram Saleh Al-Walidi, Al-Hareth Saleh Hamid e Tawfiq Mohammed Al-Mansouri, e rilasciarli immediatamente;
- Rilasciare immediatamente Hisham Ahmed Tarmoom, Hisham Abdulmalik Al-Yousefi, Haitham Abdulrahman Al-Shihab, Essam Amin Balgheeth e Hassan Abdullah Annab, come decretato dai giudici l’11 aprile 2020, e assicurarsi che non siano soggetti a ulteriori misure giudiziarie atte a limitare il loro lavoro;
- Liberare tutti i giornalisti yemeniti detenuti e scomparsi e lasciare cadere tutte le accuse contro di loro;
- Fare ogni sforzo per garantire la sicurezza e l’integrità fisica dei giornalisti, conformemente al diritto internazionale;
- Garantire che i giornalisti siano in grado di svolgere il proprio lavoro senza timore di essere arrestati o di andare incontro ad altre forme di ritorsione e restrizione che violino il loro diritto alla libertà di espressione.
L’appello, lanciato dalla ONG Gulf Center for Human Rights (GCHR) è stato sottoscritto da 150 organizzazioni fra cui ACAT Italia e altre Acat europee. Per leggere l’appello originale e consultare la lista dei firmatari vai al sito della GCHR