Vietnam. Appello per Lo Thi Hoa, Le Dinh Chuc, Le Dinh Cong

Nell’aprile 2021, il tribunale popolare della città di Hanoi ha condannato a morte Lo Thi Hoa – di etnia Hmong, minoritaria e sfavorita in Vietnam – per “trasporto illegale di stupefacenti”. Già prima ella aveva scontato 18 mesi di prigione per traffico illegale. Il verdetto di prima istanza indica che il mattino del 26 luglio 2020, la polizia di Hanoi, assistita dalla squadra del quartiere di Kim Lien, aveva effettuato una ispezione su un veicolo guidato da una giovane donna (assente da ogni registro ufficiale), e nel sedile del passeggero era seduta Lo Thi Hoa.

Nella borsa di quest’ultima, vi erano due dolci rettangolari contenenti della polvere bianca e un sacchetto di plastica con 200 pillole di colore rosa. Al commissariato del quartiere, la polizia avrebbe scoperto un altro dolce nascosto sotto i vestiti di Lo Thi Hoa.

In realtà i dolci nascondevano un chilo di eroina, e le compresse erano delle metamfetamine. Nel fascicolo giudiziario non vi è traccia della guidatrice sconosciuta. Lo Thi Hoa è stata condannata a morte per aver trasportato merce contrabbandata sotto compenso. Secondo i difensori vietnamiti, il suo caso farebbe parte di una tattica corrente: i trafficanti conosciuti utilizzano persone vulnerabili come muli e scudi umani, e poliziotti poco scrupolosi ne approfittano.

Anche in confronto ai vicini paesi asiatici le condizioni nel reparto dei condannati a morte nel Vietnam – uno dei 12 paesi più popolosi al mondo- sono particolarmente inumane. Esecuzioni programmate all’alba, prigionieri condannati all’isolamento che ignorano il loro destino in preda alla più profonda angoscia.

Nel 2016, la Federazione internazionale dei diritti umani (FIDH) sottolineava come le date dell’esecuzioni erano rese note solo all’ultimo momento, e i prigionieri erano in una condizione di paura costante.
Certo si è passati da 44 crimini passibili di pena capitale nel 1999, a 22 nel 2009. Certo, dal 2000 la pena capitale è stata commutata in ergastolo per i giovani delinquenti, le donne incinte e le madri di bambini sotto i 3 anni. Inoltre il Vietnam ha accettato le raccomandazioni della comunità internazionale di limitare il ricorso alla pena capitale e di ridurre il numero di delitti che la prevedano.

Nel 2015, effettivamente, la pena di morte è stata soppressa dal Codice penale per 7 crimini. Tuttavia, le informazioni restano frammentarie e le statistiche del settore giudiziario considerate “segreti di Stato”. Inoltre la formulazione delle leggi sulla sicurezza nazionale è molto vaga, in particolare, l’articolo 109 del Codice penale modificato, che non differenzia atti terroristici e pacifiche dimostrazioni, permette di condannare i militanti o dissidenti a pesanti pene.

Nella nostra lettera vogliamo ricordare al governo anche le condanne a morte comminate a Le Dinh Cong e Le Dinh Chuc, figli del capo villaggio Le Dinh Kinh, assassinato nel gennaio 2020 durante un brutale attacco contro la comunità di Dong-Tam (ultima della serie, aprile 2021). L’ 8 marzo 2021, l’Alta Corte di Hanoi ha confermato in appello le sentenze del settembre 2020, emanate a seguito di un processo nel quale gli avvocati della difesa sono stati notevolmente ostacolati.

Il quartiere di Dong-Tam -distretto di My-Duc a Hanoi-era stato circondato il 9 gennaio 2020 alle 4 del mattino da 3.000 poliziotti per confiscare con la forza le terre degli abitanti. Le forze di polizia hanno ucciso il capo della comunità Le Dinh Kinh, nel suo letto. Altri residenti sono stati uccisi nel sonno. In seguito, le autorità hanno accusato i residenti di resistenza a pubblico ufficiale e di aver provocato la morte di 3 poliziotti.

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