Sudan. Salviamo Maryam dalla lapidazione

È il primo caso in 10 anni, Maryam Alsyed Tiyrab, 20 anni, è stata condannata a morte mediante lapidazione per adulterio in Sudan, dove nell’ottobre 2021 si è verificato un colpo di stato militare che ha deposto il regime islamista di Al Bashir.
Il 26 giugno 2022, il giudice Haroun Adam del tribunale penale di Kosti, nello Stato del Nilo Bianco, ha condannato a morte per lapidazione la ventenne Maryam Alsyed Tiyrab, ritenuta colpevole di aver violato l’articolo 146 (2) (adulterio) del Codice penale sudanese del 1991. La sentenza non è ancora stata approvata dall’Alta Corte.

Dopo il divorzio, Tiyrab è tornata a vivere nella casa di famiglia, solo che lo scorso giugno la polizia di Kosti si è presentata per interrogarla in merito a un’indagine sul fratello, accusato di aver ucciso un uomo che si sospettava avesse una relazione con Tiyrab.
Durante l’interrogatorio, Tiyrab ha ammesso di aver avuto rapporti sessuali con il defunto ed è stata prontamente processata, nonostante abbia affermato di aver confessato sotto costrizione. Il Centro africano per gli studi sulla giustizia e la pace (ACJPS) è stato informato in modo attendibile che l’agente di polizia che ha condotto l’indagine non ha avvertito Maryam Alsyed Tiyrab che le informazioni condivise durante l’interrogatorio sarebbero state usate come prova contro di lei durante il processo.

Il processo di Tiyrab è stato inoltre inficiato da diverse irregolarità: ad esempio, il processo è iniziato senza che la Corte abbia ricevuto una denuncia formale dalla polizia di Kotsi. A Tiyrab è stata inoltre negata la rappresentanza legale. Ai sensi dell’articolo 135, paragrafo 3, del Codice di procedura penale sudanese del 1991, un imputato ha diritto all’assistenza legale in qualsiasi caso che preveda una pena di 10 o più anni di reclusione, l’amputazione o la morte. Neanche l’accusa e la pena sono state spiegate a Tiyrab. Le autorità non hanno nemmeno sottoposto il fascicolo all’approvazione dell’Alta Corte.

L’applicazione della pena di morte per lapidazione per il reato di adulterio (zina) è una grave violazione del diritto internazionale, compresi il diritto alla vita e il divieto di tortura e di trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti, sanciti dal Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR), di cui il Sudan è Stato membro. L’articolo 6 dell’ICCPR stabilisce che “la condanna a morte può essere inflitta solo per i crimini più gravi”. La maggior parte delle condanne per adulterio in Sudan sono emesse contro le donne, evidenziando inoltre l’applicazione discriminatoria della legislazione, in violazione del diritto internazionale che garantisce l’uguaglianza davanti alla legge e la non discriminazione basata sul sesso.

Nel luglio 2020, il Governo di transizione ha annunciato importanti riforme della legge penale del Sudan, cambiamenti che hanno ampliato le libertà personali e iniziato a modificare la rigida eredità islamista di Al Bashir. Tra i cambiamenti più rilevanti, l’eliminazione della legge sull’apostasia e l’introduzione di pene per la pratica della mutilazione genitale femminile. Sono state riviste anche le pene della fustigazione per chi pratica attività omosessuali e un articolo che detta il codice di abbigliamento per le donne. Si tratta di un grande passo avanti verso il rispetto dell’obbligo statale di adottare misure legislative che vietino la tortura. Tuttavia, permangono disposizioni che prevedono la pena della lapidazione, soprattutto in caso di adulterio.

Il 10 agosto 2021, il Sudan ha ratificato la Convenzione contro la tortura, 35 anni dopo aver aggiunto la propria firma al trattato internazionale nel 1986. Pertanto, l’esecuzione per lapidazione come forma di tortura autorizzata dallo Stato è una violazione degli obblighi del Sudan in materia di diritti umani.

La Dichiarazione costituzionale del 2019 approva ancora la pena di morte, anche per reati hudud come l’adulterio. Questo caso sottolinea l’urgente necessità che le autorità sudanesi emettano una moratoria immediata su tutte le esecuzioni in Sudan, con l’obiettivo di abolire la pena di morte e di rivedere tutta la legislazione che ha lo scopo o l’effetto di discriminare le donne.

Noi, assieme allo ACJPS chiediamo alle autorità sudanesi di annullare la sentenza a morte per lapidazione, e di garantire a Maryam Alsyed Tiyrab il rilascio immediato e incondizionato e il diritto a un processo equo.

NB: Oltre alla lettera da inviare come di consueto è possibile firmare la petizione online che si trova su Avaaz qui ( il nome della ragazza è stato cambiato per motivi di sicurezza)

✍ ✍ PER INVIARE LA LETTERA TRAMITE POSTA
👉 Firmare la lettera in inglese, inserendo data, nome e indirizzo
👉 Affrancatura: Italia € 1,20
✍ ✍ PER INVIARE LA LETTERA TRAMITE E-MAIL ✍
👉 copiare il testo della lettera in inglese (destinatario compreso) nella vostra mail
👉 inserire l’oggetto: “Maryam Alsyed Tiyrab death sentence by stoning overturning request.”
👉 inserire indirizzo email dell’ambasciata italiana: info@sudanembassy.it
👉 firmare in fondo con nome, cognome e indirizzo, quindi inviare

Giovanni 8:7
“E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei»”